"Rubo" da Facebook una perla di Adriana Zarri, autentica credente e donna di spiritualità.
La pace non è una virtù: è il risultato di parecchie virtù: la frugalità, la mancanza di pretese, la fede, la fiducia, l’abbandono [...]
La pace non è l’indifferenza, l’apatia, il quieto vivere.
C’è in effetti chi concepisce la pace in questo modo: destreggiarsi il più abilmente possibile per non avere fastidi.
Aggirare gli spigoli, essere condiscendenti e arrendevoli, magari transigendo sui principi; non impegnarsi a fondo, farsi una cuccia calda e riparata dai venti; vivere in pantofole come suol dire.
Il risultato di questo studio minuzioso non è la pace: è il quieto vivere, senza grane, senza noie, senza disturbi. A ben pensarci è una sorta di morte. La morte non duole, la morte lascia tranquilli.
Ma è forse un ideale da proporsi?
I padri greci parlavano del vertice della vita interiore, come di uno stato di assoluta calma, al riparo oramai dai turbamenti della vita.
Che differenza passa tra questo stato e il quieto vivere di chi non vuole fastidi?
La differenza che passa tra la vita e la morte.
Quella calma suprema è il risultato del potenziamento vitale, di tutte le energie dello spirito e della grazie che si esaltano in una pienezza di armonia.
Il quieto vivere, invece, è l’assopimento di tutte le istanze vitali e morali che si mette al sicuro dai colpi dell’esistenza [...]
Ma evitare le crisi e le difficoltà del vivere significa rifiutare la vita e restare bambini.