Le difficoltà personali non mi impediscono di provare interesse per ciò che ritengo importante e in questa intervista ho trovato molti spunti di riflessione preziosi.
(Giulia Galeotti, L'Osservatore Romano, 3 gennaio 2016)
Chiamiamo più volte Santa Marta: chiediamo di parlare con il segretario del cardinale Oswald Gracias, che è a Roma per le riunioni del consiglio dei cardinali che aiuta Papa Francesco «nel governo della Chiesa universale». All’ennesimo tentativo, uno degli addetti alla reception ci spiega la difficoltà nel trovarlo: «Sua eminenza è solo, nessuno lo accompagna». Una prima, sonora lezione: a settantadue anni, dopo aver affrontato gravi problemi di salute, l’attuale presidente della Federazione delle conferenze dei vescovi cattolici asiatici, nonché presidente della conferenza dei vescovi cattolici latini dell’India e uno tra i cardinali più vicini a Francesco, fa frequentemente (pochi giorni prima del nostro incontro era venuto per partecipare alla canonizzazione di Madre Teresa) avanti indietro tra Roma e Mumbai (l’antica Bombay) da solo.
Lo stiamo cercando per un’intervista in previsione di questo numero di «donne chiesa mondo» perché Oswald Gracias, oltre ad aver preso spesso la parola in difesa delle donne, è un esperto di diritto canonico: dopo la laurea all’Urbaniana e il diploma in giurisprudenza presso la Gregoriana, è stato, tra l’altro, più volte presidente della Canon law society of India (1987-1991, 1993-1997) e consultore del Pontificio consiglio per i testi legislativi.
All’inizio del nostro colloquio il cardinale precisa: «Agli inizi della storia della Chiesa, ai tempi di Gesù non c’era alcuna discriminazione: nella mente di Nostro Signore ognuno ha il suo ruolo senza traccia seppur minima di gerarchia. È stato solo successivamente che le cose sono cambiate nella Chiesa: negli anni, infatti, le donne sono state relegate in posti e ruoli secondari. E il cambiamento è avvenuto perché la Chiesa vive nel mondo, e così facendo finisce per assumerne la mentalità: e nel mondo le donne avevano un posto di serie B».
E siamo ancora lì...
Ma le cose stanno cambiando, anche nella Chiesa! Papa Francesco lo ribadisce molto spesso: per la vita della comunità ecclesiastica è importante che le donne abbiano ruoli di responsabilità.
Oggi le donne cattoliche indicano nel diritto canonico la ragione della loro esclusione: non sarebbe una questione teologica o di limiti indicati nelle Scritture, ma sarebbe un problema di diritto canonico...
In qualità di canonista, vorrei difendere il diritto canonico e dire che non ha alcuna responsabilità. Ma d’altro canto, non lo difenderei al punto da sostenere che non possa aver bisogno di essere rivisto o modificato. Se guardiamo però alle norme in se stesse, ci sono pochissime restrizioni che escludono espressamente il femminile, come è ad esempio il caso dell’ordinazione sacerdotale. Il vero punto semmai è un altro: la distinzione tra clero e laici, tra quello che possono fare gli uni e gli altri.
Questo potrebbe essere rivisto. Ma quando si parla di laici, non vedo una differenza sostanziale tra maschi e femmine. Ciò non toglie che forse è venuto il momento di intraprendere una azione positiva per mostrare chiaramente che le donne sono parte integrante della Chiesa. Ne abbiamo parlato anche di recente all’interno della nostra conferenza episcopale. Certo, le cose stanno molto diversamente a seconda dei contesti e delle società: in alcune conferenze episcopali le donne svolgono ruoli che non hanno in altre; la varietà è veramente grande. Al fondo, però, occorrerebbe avere chiaro che giacché maschi e femmine sono diversi, la specificità femminile è una ricchezza per la vita della Chiesa. È importante che tutti lo capiscano, e che lo mettano poi concretamente in pratica.
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