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01/10/16

Commenti

Mauro A. Caló

Il problema è: l'attuale potere di governo della e nella Chiesa dei Presbiteri negli ultimi secoli e negli ultimi anni , a fronte di alcuni vantaggi ( tempo pieno, assenza di asse ereditario), quanta ricchezza di carismi e energie sta sottraendo all'annuncio del Vangelo?
Sulla bilancia benefici/svantaggi è saggio continuare a dare potere decisionale allo 0,1% dei fedeli che per formazione ed esperienza limitata della vita ( celibato, stipendio assicurato) fanno fatica a capire i problemi delle donne e uomini laici di tutto il mondo?
Credo che questo sistema stai mostrando la corda da molto tempo ed è causa non ultima dello allontanamento di molti fedeli dalla Chiesa Cattolica , in primis donne e giovani.
Credo che il peso della responsabilità che i Presbiteri devono portare da soli loro per primi vorrebbero condividerlo, e non per finta con la scusa degli assemblee consultive.
Processi lunghi ma inevitabili perché la realtà e le necessità del Regno di Dio sulla terra si impongono ogni giorno di più

Celestino Todisco

Complimenti, condivido appieno le tue riflessioni.
Uno dei problemi più gravi nella Chiesa è la mortificazione del laicato, condannato di fatto a funzioni marginali di manovalanza e di supplenza, senza alcuna autonomia decisionale. La clericalizzazione è un’altra faccia della stessa medaglia in cui le energie positive vengono costrette e controllate nel chiuso delle sacrestie.
In tal modo la Chiesa si priva di energie e di ricchezze sia sul piano culturale che pastorale. Esse restano non solo inespresse ma in tante realtà si trasformano in cocenti delusioni e persino in allontanamento dalla comunità.
Tale criticità risulta ancora più dolorosa al cospetto di pastori che lasciano molto a desiderare sul piano dell’intellectus fidei, della inculturazione del messaggio e della capacità di lettura della realtà moderna e della complessità della società nelle sue varie manifestazioni (politica, famiglia ecc.).
Conosco per esperienza diretta casi di laici molto più preparati sul piano culturale, della formazione teologica e della sensibilità pastorale, dei loro stessi pastori. E’ impensabile che persone di tale statura, anche morale, possano essere eterodirette dal presbitero di turno, magari giovane inesperto appena uscito dal seminario, nei diversi organismi diocesani su materie per lo più di tipo organizzativo o di pastorale diocesana: lasciare l’ultima parola, la decisione finale al prete nei vari consigli parrocchiali, nelle unità pastorali, nei servizi e negli uffici di curia è non solo avvilente ma anche controproducente rendendo artificiosa ogni modalità partecipativa e dialettica. E’ una presa in giro della asserita maturità del laicato.
Per fortuna Papa Francesco sta invertendo la rotta anche in questo ambito nominando i primi fedeli laici a capo di alcuni organismi della curia romana a dimostrazione della urgenza della problematica.
Un caro saluto

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