Nella pluralità di letture che sono state date del Cantico dei cantici, trovo molto lineare e utile per chi voglia accostarsi a questo testo quella fatta da André Chouraqui, un protagonista del dialogo tra le tre grandi religioni monoteiste che è stato anche un grande traduttore della Bibbia e del Corano, per dire la sua dimestichezza con le parole della fede.
Chouraqui non ha scritto un commento al Cantico, ma ha individuato i tre temi essenziali che lo attraversano e s'intrecciano nei suoi otto capitoli. Alla luce di questi ultimi, lo possiamo leggere come una "storia del nostro amore", una "storia delle nostre storie d'amore", grazie alla quale possiamo comprendere l'amore di Dio.
L'unità dell'opera è grande e piuttosto che parti distinte noi preferiremmo determinarvi dei temi fondamentali, che attraversano l'intero Cantico, sottolineandone l'unità e dandogli quel suo carattere sinfonico. Sarebbe più giusto proclamare ciò, anziché cercare un intreccio, dramma, commedia, o componimento operistico, che verrebbe a crollare a un esame approfondito. Sì, il Cantico è proprio una sinfonia in tre movimenti (André Chouraqui, in Il più bel canto d'amore, Qiqajon).
Il primo tema è quello della genesi dell'amore, che si coglie già nel secondo versetto in cui sono compresenti il desiderio e la certezza di lei di ricevere i baci della bocca dell'amato. Non è il principio di ogni storia d'amore? Quel desiderio, quel richiamo irresistibile verso una persona che ci appare come una scoperta, che suscita la nostra meraviglia, insieme all'intimo convincimento di essere fatti l'uno per l'altra... Lui e lei si vedono, si accorgono l'uno dell'altra, s'inseguono (cfr. 1,7-17):
"Amore mio, mia vita"; "Tu sei la più bella delle donne, non lo sai?"; "Quanto sei bello"; "Quanto sei bella".
Questo desiderio reciproco diventa un dialogo d'amore. E' un contemplarsi a vicenda, uno scoprirsi:
"Il mio amante è come un cerbiatto, un cucciolo di cervo" (2,9); "Mia colomba, che ti nascondi tra fessure di rocce, tra anfratti di dirupi, lasciami vedere il tuo volto, fammi sentire la tua voce!" (2,14).
E' un crescere dell'eccitazione in cui ciascuno vive una rivelazione progressiva del volto e del corpo della persona amata. Lo sguardo di entrambi si sofferma sui dettagli dell'altro in un susseguirsi di iperboli e metafore dal tono tipicamente mediorientale, in cui si coglie l'attesa di assaporare l'altro, di godere della sua fisicità.
Come in una sorta di contrappunto, però, si dispiega anche il tema dell'esilio, perché l'amore non è mai una vicenda lineare; conosce i suoi ostacoli, le sue contraddizioni, le sue fatiche...
"Sul mio letto, nella notte, cerco l'amore della mia vita. Lo cerco e non lo trovo" (3,1).
L'emozione dell'innamoramento non basta, da sola; ci sono momenti in cui non si è sulla stessa lunghezza d'onda, in cui uno dei due non risponde e possono essere passaggi molto dolorosi il cui esito non è garantito. La storia dell'amore è una storia di due libertà, entrambe ugualmente indispensabili, che non necessariamente sono all'unisono. Nel Cantico lui rinuncia a lei e parte, lasciandola nella solitudine e nell'esilio, abbandonandola a prove difficili in cui è malmenata, ferita, denudata: amare ci espone al rifiuto e ci rende perciò vulnerabili. Nell'esporci al venir meno delle nostre difese risiede la grandezza e il pericolo di questa avventura.
Ma la coppia del Cantico si ricompone: l'amante ritrova l'amata e il suo sentimento si rinnova, matura. La prova può portare al fallimento definitivo o a un nuovo inizio. Per i due protagonisti l'unione si rinsalda nell'estasi erotica in cui corporeità e sentimenti diventano tutt'uno.
Vieni amante mio, andiamo fuori nei campi, passiamo la notte tra piante di cipro. (...) Là, amante mio, ti darò i miei abbracci e le mele dell'amore emaneranno profumo. Nelle fessure tutte succulenti i miei frutti, squisiti, novelli e passiti, serbati per te, o mio amante. (7,12-14).
E' la gioia del ritorno, del trionfo dell'amore! In questo dinamismo riconosciamo le nostre storie di uomini e donne, ma anche l'immagine del rapporto con Dio. Un amore che è passato per il crogiolo della prova si è purificato di molte sue scorie e si apre su orizzonti nuovi rispetto all'entusiasmo emotivo degli inizi: va più in profondità e in queste profondità e rinviato a una dimensione ulteriore.
Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l'amore,
tenace come il regno dei morti è la passione:
le sue vampe sono vampe di fuoco,
una fiamma di Yah - una fiamma divina. (Ct 8,6)
E' la vera identità, la vera natura dell'amore: non viene da noi, non ne siamo gli autori, viene da un amore che ci precede, che ci ha fatti capaci di amare. E lascia intravedere la promessa che nella lotta tra l'amore e la morte quest'ultima non avrà l'ultima parola.
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