Si può accostare un letto nuziale, luogo d'intimità innanzitutto fisica, alla preghiera che noi associamo soprattutto a luoghi come le chiese? Potrebbe sembrare dissacrante, eppure è proprio ciò che avviene nel libro biblico di Tobia durante la notte del matrimonio tra il protagonista e Sara (cfr. Tb 8,4-9). Nel 1946 fece scandalo l'immagine dell'inginocchiatoio vicino al letto, proposta nel libro "Famiglia, piccola chiesa" di Carlo Carretto.
Nella Bibbia non c'è una presentazione del sacramento del matrimonio così come lo intende e lo celebra oggi la chiesa cattolica. E' solo nel XVI secolo, con il Concilio di Trento, che si arriva a una sua definizione più compiuta e stabile, anche se il percorso non è finito, come vediamo oggi nell'esortazione Amoris laetitia. Le Scritture introducono piuttosto a una visione di fede del rapporto d'amore, indicando alcuni elementi fondamentali e Tobia ci offre una sorta di sintesi.
Dobbiamo capire che significato ha questa preghiera. Per farlo, però, vale la pena di sostare un attimo su come intendiamo la preghiera, perché i fraintendimenti in proposito sono molti. Spesso si confonde la preghiera come il dire delle parole a Dio per ottenere qualcosa. E' un'idea che ha molto in comune con le credenze superstiziose nella magia: poter ottenere, quasi "comprare", ciò che si vuole da un essere soprannaturale con le proprie parole...
Un grande spirituale dei nostri tempi ci aiuta ad assumere una prospettiva più corretta: "La preghiera ha bisogno dell'esperienza. Preghiera è essenzialmente fare esperienza della Presenza divina. Al di fuori di questa esperienza di Dio non c'è preghiera" (Matta el Meskin, L'esperienza di Dio nella preghiera, Qiqajon 1999, p. 371).
Associare la preghiera all'amore, perciò, non significa tanto dire delle preghiere per chiedere che una storia o un matrimonio siano esenti da dolori, fatiche, difficoltà. Non funziona così. La fede non è un'assicurazione spirituale da stipulare contro i sinistri della vita che colpiscono nella stessa misura credenti e no.
E' preghiera, al di là delle forme e delle modalità con cui avviene, riconoscere che non siamo soli nel nostro amore. E' interessante recuperare il passo in cui Tobia, avendo saputo che Sara gli era stata preparata come sposa da Dio "l'amò grandemente e il suo cuore si attaccò a lei" (Tb 6,19). E' come dire la consapevolezza in quella storia d'amore Dio era presente da sempre e sempre lo sarebbe stato.
In altre parole: non ci si ama in due, non ci si sposa in due, ma in tre. Nel senso che la fede cristiana porta a riconoscere in Dio l'origine e l'alleato dell'amore: siamo capaci di amare perché Dio è amore; è Dio che vuole l'amore tra due persone, la loro felicità.
Dio non è un altro, non è un intruso. E' Lui anzi che crea l'intimità e la sicurezza. Dio non è mai estraneo all'uomo (Franco Mosconi, Tobia, il mestiere di vivere, Il Margine 2012, p. 135).
Dio "dice-bene" dell'amore, lo accompagna, è presente in esso, è presente anche nell'unione sessuale, anche in camera da letto! Non pensiamo a una sorta di sorveglianza oppressiva o inquisitoria, ma alla qualità di ciò che viviamo. L'intimità sessuale è uno dei luoghi decisivi in cui si vive la qualità del proprio rapporto. Siamo noi che creiamo distinzioni tra realtà sacre e profane, come se Dio potesse essere lontano da ciò che è autenticamente umano. Avere uno sguardo spirituale sull'amore non significa spiritualizzarlo, disincarnarlo, ma stare nella prospettiva secondo cui Dio ha posto la sua tenda in mezzo a noi (cfr. Gv 1,14). In mezzo, nel centro della nostra vita e delle nostre relazioni, non altrove.
Pregare significa allora acquisire uno sguardo contemplativo, che per Gesù è la "parte migliore" della vita (cfr. Lc 10,42). Il riferimento è all'episodio di Marta e Maria che lo ospitano a casa propria, in cui Gesù loda l'atteggiamento della prima, la quale fa precedere alle cose da fare l'ascolto della sua parola. E' la Parola che contiene la grammatica dell'amore, che educa il nostro sguardo per poter poi fare scelte di vita buona.
Scegliere il sacramento del matrimonio, allora, vuol dire riconoscere la dimensione spirituale e di fede dell'amore che non si esaurisce in un momento, in un rito, in una celebrazione... Fa parte di un percorso interiore che nella coppia coinvolge entrambi.
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