Dal mio libro "Il male. Risvegliare l'umano in Hannah Arendt e Dietrich Bonhoeffer" (Gabrielli).
Abbiamo bisogno di recuperare l’ascolto, di esercitarci nell’ascolto e così cogliere umanamente la voce dell’altro in quanto uomo come noi e, nella fede, eventualmente anche la voce di Dio.
L’ascolto istituisce un canale, è un’apertura attraverso cui il mio spazio comunica con quello dell’altro, il mio essere con il suo. L’ascolto permette la conoscenza e conseguentemente l’incontro nell’amore. In Dt 6,4-9 – dove abbiamo il “comando fondamentale” d’Israele, sintesi della teologia e della spiritualità anticotestamentaria, che viene ripetuta quotidianamente nella preghiera – l’ascolto precede e introduce all’amore.
«Ascolta, Israele: il signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6,4-5).
Questo riferimento ci porta al secondo punto di forte convergenza tra Hannah Arendt e Dietrich Bonhoeffer. Non solo per entrambi l’ascolto è il principale criterio di conoscenza e discernimento etico, ma ambedue trovano nell’amore la via per eccellenza dell’agire umano.
Un’espressione che riassume efficacemente il ruolo dell’amore nel pensiero di Hannah è amor mundi e richiede alcune precisazioni per essere compresa correttamente.
Abbiamo avuto modo di accennare come la sua dissertazione di dottorato fosse stata dedicata al concetto di amore in Agostino, un pensatore a cui è sempre rimasta legata individuando la sua grandezza nel non aver rinunciato alla filosofia in favore della dottrina religiosa per impegnarsi nello sforzo di scoprire le implicazioni filosofiche della fede che aveva abbracciato. E nella sua costante familiarità con Agostino il tema dell’amore rimane centrale in quanto “esperienza metafisica” per eccellenza, apertura a ciò che trascende l’individualità umana. È proprio in questa trascendenza, almeno nel senso politico e terreno di una sfera pubblica che non viene meno con la morte della persona, che Hannah trova la giustificazione di un agire che si qualifichi come cura degli altri dentro a una comunità. A partire dall’amore, il mondo non è solo uno sfondo dell’attività umana, ma è luogo da “abitare”, a cui appartenere insieme agli altri, “spazio dell’essere insieme”[1].
L’espressione amor mundi deriva proprio da Agostino, nel quale aveva però un’accezione negativa:
«Come potremo amare Dio, se amiamo il mondo? Egli ci prepara, perché abiti in noi l’amore. Due sono gli amori, quello del mondo e quello di Dio: se abita in noi l’amore del mondo, non è possibile che entri anche quello di Dio. Si allontani l’amore del mondo e abiti in noi quello di Dio»[2].
La citazione, ma se ne potrebbero fare altre, proviene dal secondo dei dieci discorsi in cui Agostino commenta la prima lettera di Giovanni e, per la precisione, fa qui riferimento al v. 2,15:
«Non amate il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui».
L’amor mundi è inteso come un sinonimo dell’amor concupiscientiae, il desiderio egoistico e possessivo che allontana l’uomo da Dio. Il cristiano, perciò, secondo questa impostazione spirituale è tenuto al contemptus mundi, il “disprezzo del mondo”, che solo lo rende capace di ricevere e praticare la carità, l’amore autentico. Arendt intravede una valenza politica insita nel concetto di caritas, l’amore gratuito e disinteressato del prossimo, che apre alla comunità degli esseri umani[3]. Nel pensiero di Agostino la comunità umana si colloca entro l’eguaglianza dignità del creato e degli uomini in quanto creati da Dio. Bisogna, infatti, tenere conto che il vocabolo “mondo”, nel Nuovo Testamento e conseguentemente in Agostino, ha almeno un duplice significato: da una parte indica la creazione di Dio, che in quanto tale è buona, e dall’altra la logica di peccato e i comportamenti che vanno in direzione contraria rispetto a Dio. Il contemptus mundi non è dunque assimilabile a una svalutazione globale del mondo materiale e della società umana in favore di una fuga nel misticismo e nello spiritualismo disincarnati, almeno nel pensiero dei padri della chiesa. È piuttosto nel Basso Medioevo che ha preso piede questa seconda accezione che ne costituisce una degenerazione.
L’essere in comune del mondo permette all’essere umano di oltrepassare il dualismo soggetto/oggetto nel senso della pluralità, dell’interdipendenza, della reciprocità che costituisce il dato esistenziale che caratterizza tutti gli esseri umani.
Per Agostino, l’Amore è l’elemento fondamentale della ricerca interiore che conduce a Dio. Dio apre alla conoscenza di se stessi; in Dio l’umano trova il suo bonum, ciò a cui il suo desiderio tende per una vita felice. L’amore trascina le anime, come la forza muove i corpi, che nell’amore stesso riposano e trovano il proprio fine.
La caritas, che si differenzia dal puro appetere in cui non c’è altro che la ricerca del proprio soddisfacimento, nella tensione ad un oggetto determinato e finito, è amore del bene ed è caratterizzata socialmente. Amando Dio, l’umano ama i suoi simili, e il mondo con essi. Dio e il prossimo, il mondo e il creato, infatti, non possono essere separati. Hannah Arendt declina la riflessione di Agostino secondo il suo implicito senso politico: l’amore per il prossimo (singolare) è possibile solo nel tessuto della comunità, in cui ogni singolo accede all’universale.
Seppur vicini nel riconoscere la centralità del rapporto tra il singolo e il mondo e la dimensione politica dell’esistenza, il pensiero di Arendt si distacca dalle riflessioni agostiniane negli esiti teologici di quest’ultimo. Il problema, per Arendt, è che per poter accedere all’amore del prossimo nella sua forma più pura, si deve prima amare Dio, in una separazione dal mondo, che viene trasceso e considerato secondario. Amare il prossimo in Dio significherebbe dunque passare per una fase in cui il prossimo è messo tra parentesi, la relazione sociale ed esistenziale con le altre esistenze relativizzata, assieme alla finitezza terrena, all’intera dimensione mondana.
L’amore per Arendt non deve oltrepassa o trascendere i limiti del mondo, ma rimane interno ad esso. Di qui la sua intuizione dell’amor mundi come superamento di quello che lei considerava un limite della visione cristiana. Nella sua riflessione, questa espressione – che aveva inizialmente pensato di utilizzare come titolo per il libro che poi è divenuto Vita activa – assume una connotazione nettamente positiva, perché lei intende con mondo la sfera delle attività e delle relazioni umane. È un’accezione alquanto diversa dal linguaggio biblico e della spiritualità cristiana e di questa differenza semantica bisogna tenere conto. Secondo la sua visione, l’amor mundi non ha bisogno di alcuna giustificazione e legittimazione, basta a se stesso, è cosa buona in sé.
Sono temi a cui Hannah non ha dedicato un’esplicita e ampia elaborazione personale, ma che attraversano un po’ tutta la sua opera come intuizioni e riferimenti impliciti. Nei suoi quaderni leggiamo che l’amore è per lei una potenza, più che un sentimento: potenza dell’universo e potenza della vita che continua contro la morte, la “supera”. L’amore s’impadronisce dell’uomo e lo getta “fuori di sé”, verso un altro. Così facendo, distrugge il mondo dell’uomo, perché suscita in lui il desiderio di un nuovo mondo, diverso da quello precedentemente conosciuto e abitato. Si esplica così il suo essere potenza.
«In quanto tale, si manifesta come creatore di mondo; esso crea, genera, un mondo nuovo. Ogni amore è l’inizio di un mondo nuovo»[4].
L’amore è in questo senso visto come un principio creativo in cui si rivela ciò che è specificamente umano, la capacità di ri-creare il mondo dando inizio a una novità. La novità per eccellenza è per Hannah la nascita di un figlio, di un essere umano unico e irripetibile. Ma questo avviene, in altra forma, anche quando l’incontro con altri esseri umani nella sfera del mondo si traduce in azioni e relazioni. Pensiero e parola, nell’ascolto, legano le persone e creano le condizioni in cui l’agire prende forma per l’edificazione della casa comune. È l’opposto di quanto avveniva nei campi di concentramento, organizzati per esercitare un dominio totale disintegrando la personalità e l’individualità, in un processo di deumanizzazione che lasciava degli scheletri viventi ridotti alla sola vita organica, anticamera dello sterminio definitivo[5]. Educarsi ed educare all’amore per il mondo – e perciò per l’uomo – è per Hannah la vera e propria lotta contro il male.
«L’educazione è il momento che decide se noi amiamo abbastanza il mondo da assumercene la responsabilità e salvarlo così dalla rovina, che è inevitabile senza il rinnovamento, senza l’arrivo di esseri nuovi, di giovani. Nell’educazione si decide anche se noi amiamo tanto i nostri figli da non estrometterli dal nostro mondo lasciandoli in balìa di se stessi, tanto da non strappargli di mano la loro occasione d’intraprendere qualcosa di nuovo, qualcosa d’imprevedibile per noi; e prepararli invece al compito di rinnovare un mondo che sarà comune a tutti»[6].
Se il totalitarismo aspira a reprimere l’umano dominandolo e uniformandolo, l’amore per il mondo promuove la pluralità, la creatività, l’inter-esse, in cui si sviluppa la libertà del cambiamento e del futuro.
[1] Cfr. Laura Boella, «Hannah Arendt. Amor mundi», in L. Alici – R. Piccolomini – A. Pieretti (a cura di), Esistenza e libertà. Agostino nella filosofia del Novecento/1, Città Nuova, Roma 2000, 125-146.
[2] Agostino, Amore assoluto e «terza navigazione» (a cura di G. Reale), Rusconi, Milano 1994, 149. Nel testo latino: Sed quomodo potermus amare Deum, si amamus mundum? Parat nos ergo inhabitari caritate. Duo sunt amores, mundi et Dei: si mundi amor habitet, non est qua intret amor Dei. Recedat amor mundi, et habitet Dei.
[3] Cfr. Maria Letizia Pelosi, Mondo e amore. Hannah Arendt e Agostino, Loffredo Editore, Napoli 2008.
[4] Hannah Arendt, Quaderni e diari 1950-1973, Neri Pozza, Vicenza 2007, 304.
[5] Cfr. Hannah Arendt, «Le tecniche delle scienze sociali e lo studio dei campi di concentramento», in Archivio Arendt 2. 1950-1954, op.cit., 7-21.
[6] H. Arendt, Tra passato e futuro, op.cit., 255.
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