Lettura di Amoris Laetitia - 4
Un aspetto importante dell'esortazione è che, nel momento in cui non idealizza il matrimonio e la famiglia nella loro realtà concreta, li presenta in una prospettiva dinamica. Infatti,
«nessuna famiglia è una realtà perfetta e confezionata una volta per sempre, ma richiede un graduale sviluppo della propria capacità di amare» (AL 325).
Antonio Spadaro, nel suo commento scritto per la Civiltà Cattolica, mostra come questa prospettiva attraversi tutto il documento, il quale
insiste su un lavoro pastorale per assicurare la crescita dell’amore: «Tutto questo si realizza in un cammino di permanente crescita. Questa forma così particolare di amore che è il matrimonio, è chiamata ad una costante maturazione, perché ad essa bisogna sempre applicare quello che san Tommaso d’Aquino diceva della carità: “La carità, in ragione della sua natura, non ha un limite di aumento, essendo essa una partecipazione dell’infinita carità, che è lo Spirito Santo. [...] Nemmeno da parte del soggetto le si può porre un limite, poiché col crescere della carità, cresce sempre più anche la capacità di un aumento ulteriore”» (AL 134, corsivi nostri). Questo, d’altra parte, significa pure che bisogna «smettere di pretendere dalle relazioni interpersonali una perfezione, una purezza di intenzioni e una coerenza che potremo trovare solo nel Regno definitivo» (AL 325). Quindi «non potremo incoraggiare un cammino di fedeltà e di reciproca donazione se non stimoliamo la crescita, il consolidamento e l’approfondimento dell’amore coniugale e familiare» (AL 89). È proprio la crescita nella capacità di amare che deve guidare «lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni» (AL 307).
L’amore non è qualcosa di spontaneo per nessuno. Il matrimonio non può perciò essere considerato un punto di arrivo. Ho avuto modo di riflettere sulla nostra necessità di educarci all'amore nel mio recente testo "Cerco parole buone" (Paoline), partendo dalla constatazione che tutti sperimentiamo prima o poi il limite della nostra capacità di amare. Non è però un limite invalicabile. Erich Fromm, nella sua importante opera dedicata all’arte di amare, mostra che, come in ogni arte, si può imparare e si può migliorare. In questo sta la nostra speranza: possiamo imparare ad amare meglio. Non è sicuramente un apprendimento intellettuale. È un apprendimento vitale, un apprendimento del cuore che segue una via propria rispetto alla sola razionalità.
C’è un solo modo per imparare che è lo stare con l’altro, scoprirne la bellezza, capirne i bisogni, comprendere che valgono quanto i miei. “Ama come te stesso” contiene una reciprocità, un riconoscere un valore altrui che è anche il mio, se la nostra umanità è comune. Ritorna allora una parola già usata: ascolto. L’incontro con l’altro è un ascolto e se divento capace di ascoltare l’altro - facendogli spazio nella mia attenzione, nei miei pensieri, nelle mie scelte - mi apro anche alla possibilità dell’ascolto di Dio. L’ascolto è un atteggiamento globale di tutto me stesso.
Qui dovremmo capire meglio che cosa sia la preghiera: è un’apertura, una disponibilità a un incontro, a una voce che mi interpella. L’amore è un’arte così come l’ascolto è un’arte: la possibilità della preghiera e dell’incontro con Dio ne fa parte. «Hai visto un uomo? Hai visto Dio», dice Gesù nel Vangelo apocrifo di Tommaso. Probabilmente questa parola non è autenticamente sua, ma dice qualcosa che troviamo per esempio anche in Giovanni: non si può dire di amare Dio che non si vede, se non si sa amare l’uomo che si vede (cfr. 1 Gv 4,20). L’intuizione di Giovanni può essere detta in modo diverso: imparando ad ascoltare davvero l’uomo e ad amare, si può imparare ad ascoltare Dio e a pregare.
Commenti