Samuel Johnson diceva di Shakespeare che il suo teatro è lo specchio della vita.
Quando mi è stato chiesto di elaborare un percorso per persone che si interrogano sulla propria vita e su questioni di fede, ho pensato di partire dalle domande che ci abitano e ci stimolano, incentrandolo sui racconti, quelli dei grandi autori e dei miti dell'umanità, per arrivare a far emergere la forza delle pagine bibliche.
Nel terzo capitolo dell libro di Ezechiele, Dio porge al profeta un rotolo e lo invita a nutrirsi con esso, a riempire le proprie viscere: Io lo mangiai: fu per la mia bocca dolce come il miele (Ez 3,3).
Se non riusciamo a staccarci da un racconto che ci avvince, non diciamo forse di aver "divorato un libro"? Quel racconto ci ha riempiti, nutriti. Ho scritto così un libro (Cerco parole buone su vita amore e morte) in cui provo a condurre chi mi legge attraverso un cammino tra i racconti, per mostrare come ci fanno riflettere sulle nostre domane e come ci nutrono.
Tra i compagni di viaggio che ho chiamato attorno a me ci sono Franz Kafka, Dostoevskij, Hermann Hesse, Alice Munro, Cormac McCarthy, Fred Uhlman, Albert Camus, Jack Kerouac e tanti altri...
Mentre m'interrogavo su come impostare questo lavoro, mi sono venute in mente, quale modello, non un catechismo, ma le Lezioni americane di Italo Calvino, a cui lo scrittore stava lavorando quando è morto nel 1985. Erano sei conferenze destinate all'Università di Harvard che lo aveva invitati.
Il tema scelto da Calvino erano i valori che la letteratura aveva da trasmettere al millennio nel quale ora viviamo. Il primo di questi valori, che sono qualcosa di prezioso per la nostra umanità, è la leggerezza che altro non è se non la capacità di dire senza ricorrere a parole e argomentazioni che pesano sul lettore. La leggerezza evoca, allude, suggerisce...
La parola collega la traccia visibile alla cosa invisibile, alla cosa assente, alla cosa desiderata o temuta, come un fragile ponte di fortuna gettato sul vuoto.
Per questo il giusto uso del linguaggio per me è quello che permette di avvicinarsi alle cose (presenti o assenti) con discrezione e cautela, col rispetto di ciò che le cose (presenti o assenti) comunicano senza parole (Italo Calvino).
I predicatori, nel senso deleterio del termine, sono pesanti, vogliono convincere a tutti i costi, gettano sull'altro la loro verità, senza lasciargli spazio e respiro. La pesantezza presta un brutto servizio a Dio. Ne dà un'immagine opprimente.
Il Dio della Bibbia, invece, si muove con leggerezza: la sua voce è il mormorio di un vento leggero (cfr. 1 Re 19,12); custodisce i suoi figli come un'aquila che volteggia sui suoi piccoli e li solleva in volo (Cfr. Dt 32,11); rende i loro piedi come quelli delle cerve sulle alture (Ab 3,19). Sono tutte immagini di leggerezza.
Mentre la pesantezza ferma e inchioda, i credenti biblici sono persone che si mettono in viaggio, in ricerca; si sentono spinti ad andare avanti.
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