di Gian Guido Vecchi in “Corriere della Sera” del 15 ottobre 2015
«Ad prudentiam pertinet non solum consideratio rationis, sed etiam applicatio ad opus, quae est finis practicae rationis ». Ci volevano Tommaso d’Aquino e i suoi colleghi teologi del circolo di lingua tedesca «Germanicus», per cercare di venire a capo del problema fondamentale del Sinodo. Conservatori e riformatori, da una parte le ragioni della dottrina e dall’altra quelle della misericordia, ovvero i comandamenti divini e le situazioni concrete di sofferenza. E la Summa Thelogiae del Dottore D’Aquino — difficile da contestare — a spiegare per l’occasione il rapporto tra la legge e la sua applicazione, poiché il compito della prudenza «non è solo la considerazione della ragione» ma anche la sua «applicazione all’opera» che è «il fine della ragion pratica».
Ovvero, spiegano i padri in una cartella e mezza, densa come solo in tedesco e calibrata parola per parola: «Nello spirito di Tommaso d’Aquino e anche del Concilio di Trento, bisogna applicare i principi di fondo con intelligenza e saggezza rispetto alle singole situazioni spesso complesse. Tuttavia non si tratta di eccezioni nelle quali la parola di Dio non sarebbe valida, bensì della questione della giusta ed equa applicazione — con intelligenza e saggezza — della parola di Gesù, ad esempio delle parole sulla indissolubilità del matrimonio».
A metà giornata, ieri, il cardinale Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster e primate d’Inghilterra, sorrideva sornione: «Andate a vedere la relazione dei tedeschi, mi pare evidente sia frutto di un consenso...». Lui l’aveva letta subito, come molti padri sinodali. L’approfondimento si divide in tredici circoli linguistici ma il «Germanicus» è il punto di riferimento teologico del Sinodo. Un po’ perché, come e più che in filosofia, i grandi teologi del Novecento e oltre sono quasi tutti di lingua tedesca, «quella è la loro vocazione», si spiega. E un po’ perché il gruppo dei cardinali è tanto autorevole quanto vario, il confronto in corso da giorni sarebbe il sogno di ogni università: da Walter Kasper, capofila dei riformisti, al prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Gerhard Ludwig Müller, passando tra gli altri per gli arcivescovi di Monaco Reinhard Marx e di Berlino Heiner Koch, con il viennese Christoph Schönborn — domenicano e quindi confratello dell’Aquinate — a fare da (abilissimo) moderatore.
I padri tedeschi stanno discutendo nel palazzo del Sant’Uffizio, l’esito di ieri è «un testo votato all’unanimità», spiega sorridendo Kasper: «In fondo Tommaso è chiamato Doctor Communis , no?». La relazione del circolo riguarda ancora la seconda parte del documento di lavoro ma già contiene le indicazioni essenziali per la terza e più delicata, quella che parla di convivenze, nuove unioni, divorziati risposati e accoglienza degli omosessuali. Con piglio teologico, i teologi tedeschi vanno subito al punto essenziale, il fatto che «misericordia e verità, grazia e giustizia» siano sempre considerati come «concetti opposti». Discussa «dettagliatamente» la faccenda, e anche «la relazione teologica tra i termini», la conclusione è semplice: «In Dio non sono contrapposti: poiché Dio è amore, giustizia e misericordia sono uno. La misericordia di Dio è la fondamentale verità della rivelazione, che non sta in contrasto con le altre verità rivelate».
Tutto ciò, scrivono i teologi, «esclude una ermeneutica deduttiva e arbitraria che sussume situazioni concrete sotto un principio generale». È il passaggio in cui si cita Tommaso e l’applicazione «con intelligenza e saggezza» ai casi singoli. Ma non basta. Nel testo si parla di «accompagnamento graduale degli uomini al sacramento del matrimonio», a cominciare dalle coppie non sposate o sposate solo civilmente, «accompagnare questi uomini è un compito ma anche una gioia». Si dice che spesso «noi pensiamo in modo troppo statico» e «la dottrina ecclesiastica del matrimonio si è sviluppata e approfondita storicamente»: anche «all’uomo di oggi» bisogna dare tempo, concedere un «percorso» di «maturazione» e «non agire secondo il principio del tutto o niente» ma «gradino per gradino».
Raccomandazione finale: «Si dovrebbe evitare ogni impressione che la Sacra Scrittura sia usata solo come fonte di citazioni per convinzioni dogmatiche, giuridiche ed etiche». La «legge della nuova alleanza è l’opera dello Spirito Santo nel cuore dei credenti», la parola scritta «è da integrare nella parola viva». Così parlarono i tedeschi. I prossimi giorni diranno quanto li seguiranno.
Impressive!!
Voglio vedere chi potrebbe contrstare!!
Scritto da: pietro b. | 15/10/15 a 15:08
Lascia sperare, anzitutto
Scritto da: Maciej Podbielkowski | 16/10/15 a 15:30