Dal mio e-book: "L'umanità di Gesù: tra storia e fede"
«Uno come è lo conosci sulla strada. Lui camminava su sabbie di strada, ai suoi piedi non rosso di tappeti in attesa, né la vita imprigionata nell’immobilità delle cerimonie, ma la vita, con l’odore della vita»[1].
Devo l’intuizione di questo capitolo a don Angelo Casati, il quale definisce se stesso “lettore innamorato dei Vangeli”. Ogni opera dedicata al Gesù storico mette in primo piano la sua azione di predicatore itinerante. I suoi spostamenti sono stati ricostruiti, studiati e analizzati. Però, è stato grazie a don Angelo che ho compreso appieno la portata e la pienezza di significato del camminare di Gesù. Paradossalmente, me l’ha fatto capire senza parlare direttamente di lui.
Ho conosciuto don Angelo alcuni anni fa, a Crema, quando iniziò a tenere una serie di incontri che è durata per due anni, tanto ha saputo affascinare chi lo ascoltava. Leggeva la Bibbia e nella Bibbia leggeva la vita. Senza seguire strade già tracciate, ma con il gusto della libertà e della scoperta. Ogni incontro era incentrato su parole che appartengono all’esperienza di tutti, indagata attraverso l’ascolto partecipe della realtà di oggi sotto la guida della Parola. Ne è scaturita una sorta di grammatica dell’umanità comune a credenti e no[2].
Quando ha parlato di “dottrina e strada”, don Angelo si è soffermato su quei passi degli Atti degli apostoli che riportano una delle prime denominazioni dei cristiani: «uomini e donne appartenenti a questa Via» (9,2; cfr. 18,25.26; 19,9.23). Erano quelli della via di Gesù, della sua strada. La versione CEI precedente traduceva: «uomini e donne seguaci della dottrina di Cristo», ma il testo greco parla di via da seguire, non di dottrina. Il termine è un’immagine per indicare la condotta della persona che si conforma a Cristo, di cui l’essere in cammino era parte integrante.
Nella Bibbia, l’andare, il lasciarsi alle spalle situazioni consolidate confidando solo in Dio, è una dimensione costitutiva dell’esperienza di fede. C’è una corrispondenza tra il movimento fisico e il progresso spirituale, tra cammino esteriore e cammino interiore.
Si mette in cammino Abramo, che per le grandi religioni monoteiste è il modello del credente. La narrazione della sua vicenda inizia proprio con un’esperienza di Dio che lui sente come un invito a un cambiamento radicale di vita.
Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso al terra che io ti indicherò» (Gen 12,1).
L’invito «Vattene!» traduce l’espressione ebraica Lekh lekha!, il cui significato letterale può essere reso anche con «Va’ verso te stesso!». Abram si sente chiamato a partire per un viaggio che è in primo luogo interiore, un allontanamento dalla sua terra d’origine, dal suo mondo religioso e dai suoi legami di sangue. Come disse Rabbi Jehudah, mentre tutto il mondo andava da una parte, lui andava dall’altra.
Si mette in cammino Mosè, il quale era fuggito dall’Egitto per aver ucciso l’aggressore di un israelita, rifugiandosi nel paese di Madian, dove aveva sposato una delle figlie del sacerdote Ietro ed era diventato pastore del suo bestiame. Anche il suo incontro con Dio, raccontato mediante l’immagine del roveto ardente, lo spinge ad abbandonare le sicurezze acquisite per mettere in gioco tutta la propria vita.
«Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti» (Es 3,10).
Il suo cammino continuerà per quarant’anni nel deserto, fino a vedere la terra promessa dalla cima del monte Nebo, senza potervi entrare.
Si mette in cammino il profeta Elia, in fuga dal re Acab che lo vuole eliminare, istigato dalla moglie Gezabele. Allo stremo delle forze, si sdraia sotto una ginestra e implora il Signore di farlo morire. In risposta alle sua preghiere, Elia riceve invece focaccia e acqua, perché il suo itinerario non è ancora giunto alla fine. Deve intraprendere un nuovo viaggio che non è più regolato dalle sue aspettative e dalle sue forze: è Dio ora a guidarlo e sostenerlo.
Tornò per la seconda volta l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: «Alzati, mangia, perché troppo lungo per te è il cammino» (1 Re 19,7).
Il credente biblico non è stagno immobile, soldato rinchiuso nella fortezza di posizioni pre-fissate, ma è homo viator, uomo in cammino, uomo della via. Queste icone bibliche che sono state brevemente richiamate aiutano a mettere a fuoco due aspetti fondamentali dell’esistenza cristiana vista come cammino, aspetti che appartengono all’itinerario di Gesù: la ricerca di una fede autentica e l’annuncio missionario.
Commenti