Dal sito del Patriarcato Latino di Gerusalemme, perché ogni gesto d'incontro e di pace tra gli uomini e le religioni è prezioso, va raccolto e raccontato, soprattutto dopo certe tragedie.
GERUSALEMME – I leader religiosi di Gerusalemme – cristiani, musulmani e drusi – hanno visitato, oggi mercoledì 19 novembre, la sinagoga colpita dall’attentato che ha ucciso quattro ebrei e un poliziotto israeliano. Questo movimento verso la comunità ebraica è un messaggio e un invito rivolto al popolo della Terra Santa e al mondo a promuovere la pace e la libertà di religione.
«Il vostro gesto è benvenuto. Se qualcuno vi critica, fate finta di non sentire, perché il vostro gesto è benvenuto». Con queste parole i capi religiosi di Gerusalemme sono stati accolti dall’ufficio di Culto del Ministero dell’Interno, prima di recarsi insieme alla sinagoga nel quartiere di Har Nof a Gerusalemme ovest, che il giorno prima era stato triste scenario di un attentato, in cui quattro ebrei e un poliziotto sono stati uccisi da due palestinesi.
Noi veniamo come capi religiosi in un luogo di preghiera, quindi in un luogo sacro», ha detto il Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal. «Queste persone sono state uccise mentre stavano pregando. Ogni luogo di culto, di qualsiasi religione sia, deve essere protetto e santificato».
Davanti alla Sinagoga, in mezzo a una folla di giornalisti e residenti, i diversi leader religiosi hanno preso la parola a turno, rivolgendo le loro condoglianze alla comunità, e condannando gli atti di violenza, sia quelli mirati verso Israele sia quelli che toccano i palestinesi. Inoltre, essihanno condannato il terrorismo e le barbarie commessi in nome della religione contro un’altra religione, rinnovando un forte appello alla libertà di espressione e di religione per tutti i popoli della Terra Santa e del mondo.
Un messaggio e un appello
I cristiani come gli ebrei si preparano alle feste di fine anno, al Natale e alla Pasqua. Mentre la situazione a Gerusalemme peggiora e ogni giornata riserva un’attualità macabra o inquietante, i leader religiosi hanno ribadito il loro desiderio di trovare la pace. L’incontro di cristiani, musulmani, drusi ed ebrei, nel cuore di un quartiere considerato come ultra-ortodosso è un segno e anche un appello inviato al mondo e ai media che, quando un attentato viene perpetrato, non tocca solo la comunità interessata, ma tutti coloro che lottano per la pace e la giustizia.
Ancora una volta, mons. Twal ha esortato a «non avere paura di pregare per la pace. Pregare per lo stesso obiettivo può essere l’occasione di avvicinarsi gli uni agli altri». Secondo il Patriarca, questo incontro dimostra che «la speranza non è morta. C’è sempre una speranza per fermare la violenza».
Attento alla stabilità del Medio Oriente, mons. Twal ha condannato infine la chiamata di certi membri del governo israeliano ad una «risposta dura» e a un armamento di massa della popolazione. «Questa non è una soluzione. I politici dovrebbero essere abbastanza intelligenti e saggi nel sostenere, da una parte, la pace tra tutte le persone e, dall’altra, nel saper controllare l’ascesa del fondamentalismo».
Se la riunione di questi capi religiosi è ogni volta una testimonianza di dialogo, essa tuttavia si svolge in un contesto difficile e travagliato. In altre parole, il ripetersi di questi eventi non è, al momento, una buona notizia. Ma c’è sempre la speranza che un giorno tutti questi capi si rivolgeranno un caloroso saluto a nome dei loro rispettivi fedeli. Questo sarà il segno di pace per tutti gli uomini, su una Terra veramente Santa.
Pierre Loup de Raucourt
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