L'ecumenismo cammina con tenacia e pazienza verso l'unità tra i cristiani d'Occidente e i cristiani d'Oriente. Lo dice in un'intervista pubblicata oggi Ioannis Zizioulas, Metropolita di Pergamo, già membro del Sinodo del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, co-presidente della Commissione internazionale del dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa.
Vale la pena leggerla, perché Zizioulas è unanimemente considerato uno dei massimi teologi contemporanei, nonostante una produzione quantitativamente limitata. Ricordo i suoi importanti testi pubblicati in Italia da Qiqajon: L'essere ecclesiale sulla chiesa e Il creato come eucaristia su uno sguardo di fede ecologico e liturgico a un tempo.
Dice Zizioulas:
Papa Francesco ci ha sorpreso tutti in modo positivo. Per il suo stile, per il suo temperamento, la sua umiltà e anche perché esercita il suo ufficio di Papa con un profilo che può favorire l’avvicinamento con le Chiese ortodosse. Gli ortodossi hanno sempre considerato il Papa essenzialmente come vescovo di Roma. E Papa Francesco richiama spesso questo suo titolo come ciò che lo abilita a esercitare il suo ministero. In tempi passati, il Papa era visto dagli ortodossi come una figura che si poneva su un piedistallo, e il Papato veniva percepito da loro come un imperialismo ecclesiastico. Pensavano che il Papa volesse sottometterli ed esercitare la giurisdizione su di loro. Adesso ci sono tanti segnali che vanno in una direzione diversa. Ad esempio, il Papa ha ribadito più volte che, riguardo alla sinodalità e alla natura sinodale della Chiesa, occorre imparare dagli ortodossi.
Primato petrino e sinodalità sono due dei nodi teologici cruciali nel dialogo tra cattolici e ortodossi. Il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ha tenuto proprio ieri una relazione a un convegno di vescovi legati al movimeto dei Focolari dal titolo “Sinodalità e primato alla luce degli stimoli forniti da Papa Francesco”. Secondo la nota dell'Agenzia SIR egli si è espresso nella prospettiva del mutuo scambio di doni, con posizioni molto prossime a quelle di Zizioulas. C'è un cammino da compiere verso una corretta comprensione del significato teologico del primato da parte degli ortodossi e una lacuna da colmare in tema di sinodalità da parte degli cattolici. E' un cammino che può essere intrapreso solo alla luce del Vangelo.
Il passaggio finale dell'intervista di Zizioulas può gettare una luce anche sulle recenti riflessioni in corso nella chiesa cattolica in vista del Sinodo dei vescovi sulla famiglia previsto per ottobre. Ieri, un'altra intervista, questa volta al prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Müller ha cercato di controbilanciare quanto detto da Walter Kasper in occasione del recente concistoro sulla possibile apertura alla comunione ai divorziati risposati (v. i miei post Divorziati risposati: che cosa ha detto Kasper?; Chiesa povera e matrimonio: il paradosso del cardinale e Chiesa e matrimonio: la trincea di Muller).
Müller ha ribadito che la dottrina della chiesa è per l'indissolubilità del matrimonio, ma nessuno degli interventi in proposito ha messo in discussione questo aspetto della fede risalente alla Scrittura e alla parola del Signore. Il punto non è rinunciare il matrimonio per adeguarsi a una certa mentalità contemporanea, ma come leggere una situazione seria del nostro tempo alla luce del Vangelo che assieme alla parola sull'amore e sul matrimonio presenta un chiaro messaggio di riconciliazione del peccatore con Dio tenendo sempre aperte le porte del perdono e della conversione. Sono istanze che non vanno contrapposte, ma conciliate. La soluzione non sarebbe quella di una sorta di "sanatoria universale", che nessuno auspica e che renderebbe irrilevante il matrimonio, ma di avere approdi differenziati a seconda delle situazioni e dei percorsi compiuti dalle persone. E' un discorso da sviluppare a mio parere su tre livelli: morale, antropologico e sacramentale.
Comunque, tornando a Zizioulas, quello che ha detto sull'unità dei cristiani può valere anche per questo discorso, tenuto conto che gli apostoli seduti a tavola con Gesù all'Ultima Cena erano a loro volta peccatori.
Se la Chiesa è auto-centrata e ripiegata su se stessa, essa morirà. Perché la Chiesa esiste per il mondo, non per se stessa. La Chiesa prende la sua luce da Cristo, come la luna prende la sua luce dal sole. Ma la luce riflessa della Chiesa non è per se stessa: è per il mondo, per la vita del mondo. Invece ora vedo affiorare in molti ambienti ecclesiali anche la tentazione di voler porre la Chiesa contro il mondo, pieno di peccato, e contro gli uomini peccatori. Ma Gesù ha mangiato con i peccatori. li ha abbracciati. La Chiesa è chiamata a offrire al mondo la stessa testimonianza di amore e di perdono, e non una ideologia impastata di parole cristiane.
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