La chiesa cattolica è in gestazione? Gli impulsi di rinnovamento, dentro e fuori il collegio cardinalizio, stanno raggiungendo una massa critica che orienterà l'elezione del nuovo papa? E' come se, in un certo senso, tutta la chiesa entrasse in conclave affidando ai cardinali gioie e speranze, tristezze e angosce.
Dentro il collegio cardinalizio, sembra davvero che si vada verso un conclave differente. Tutti gli osservatori rilevano l'aria particolare che si respira a Roma. Molti cardinali, soprattutto i non curiali, non vogliono semplicemente scegliere un nome e tanto meno ratificare proposte già pronte. Si vuole sapere sugli scandali, ma ancora di più delineare un volto di chiesa per questo nostro tempo:
I non curiali sono convinti che sia arrivato il momento di impostare una riflessione seria sul governo centrale della Chiesa in relazione con gli episcopati locali. Non si tratta soltanto di scegliere il nuovo papa, ma di chiarire che cosa deve essere il papato. E il momento per farlo è proprio questo.
Lo scrive Aldo Maria Valli in un articolo per "Vino Nuovo". Gli interventi in questo senso si moltiplicano, tanto che il giornalista Francesco Peloso si chiede se nascerà una nuova chiesa, nel senso di un modello innovativo. E' come se stessero emergendo una serie di domande e riflessioni - quelle che io definisco le "questioni non risolte" - a lungo tacitate e rimosse che sono decisive per il futuro della chiesa cattolica. Sono intriganti le considerazioni di Massimo Faggioli:
Il conclave del 2013 non è certamente un concilio, ma la mossa delle dimissioni di papa Ratzinger ha riaperto il dibattito su molte questioni, finora tabuizzate dal pontificato del "papa teologo".
Ma la sola immagine di cardinali che chiedono tempo per riflettere, discutere, pregare insieme ha certamente più a che fare con un'idea conciliare di chiesa che con la riduzione dell'elezione del papa alla conta dei pacchetti di voti. Non è escluso che dai conciliaboli di questi giorni risorga l'idea - se non di un nuovo concilio generale di tutti i vescovi - di un nuovo "momento conciliare" per la chiesa cattolica. I cardinali non europei sanno che la loro stessa esistenza, di cardinali rappresentanti di chiese non europee e non occidentali, deriva dal concilio Vaticano II che globalizzò il cattolicesimo. Non è certamente un caso che siano loro a chiedere più tempo: lo stesso accadde proprio all'apertura del concilio Vaticano II, quando la Curia romana aveva già preparato tutto, per un concilio breve e indolore.
Ma questo desiderio di rinnovamento ed elaborazione non si ferma ai cardinali. Da tutto il mondo cattolico provengono voci e richieste. "Famiglia Cristiana" ha pubblicato un interessante dossier sulle sfide che attendono il nuovo papa. Vi intervengono voci diverse della chiesa. Ciascuno ha indicato tre priorità che qui riassumo, invitando alla lettura integrale.
Gianfranco Brunelli, direttore del "Regno", dice:
Il rapporto Vangelo e culture va posto in primo piano. Siamo carenti di stile e linguaggi. Lo stile non allude solo all’estetica dei comportamenti, ma alla loro verità, cioè all’intima coerenza tra la parola e il suo contenuto, tra la forma dell’annuncio e la forma della testimonianza.
Il cristianesimo non sopporta la separatezza tra la teoria di sé e la propria realizzazione storica. L’una cosa è l’altra. O non è. Di qui il linguaggio della nostra testimonianza. La Chiesa è portatrice di un dono gratuito che si offre fino al limite: e quell’avvento è l’avvento di Dio fin nelle pieghe più recondite dell’umano e dell’umanità. Noi annunciamo un Dio coinvolgente in ciascuna vita, non i resti occidentali del platonismo. Il linguaggio della Chiesa deve riprendere le frontiere dell’umano nelle sue contraddizioni attuali. E questo vale culturalmente anche nel confronto con le diverse discipline scientifiche.
Il secondo punto è la rivalorizzazione della libertà religiosa in rapporto con il primato della coscienza. La dimensione della libertà – in quanto condizione concreta e personale di ogni autentica adesione alla verità religiosa – prevale sul bene della verità assoluta che sperimentiamo parzialmente e interamente non possiamo conoscere.
Enzo Bianchi, priore di Bose:
1. Tra le numerose urgenze che intravedo, segnalo innanzitutto quella che ritengo preliminare e decisiva: instaurare un clima di fiducia e di corretta fraternità nella Chiesa. Da anni lo vado scrivendo, anche su questa rivista: basta accuse reciproche, basta con questa logica di divisione e delegittimazione che indica l’altro come se fosse “con” o“contro” il Papa. Le Chiese locali sono estenuate da questo sospetto, l’autorità dei vescovi è stata troppo contraddetta e contestata, si è giocato troppo a stare dalla parte del Papa “sequestrandolo”contro la Chiesa quotidiana. Oggi la Chiesa è molto più divisa al suo interno che non agli inizi del terzo millennio. Da qui il desiderio di un Papa che riporti la comunione e con autorità metta fine a questa logica di bande contrapposte alla Chiesa ordinaria.
2. Occorre un’operazione che ridia trasparenza, che riporti la sincerità come stile ecclesiastico. Sincerità delle persone e trasparenza delle istituzioni e dei meccanismi di quella autorità che nel Vangelo è negazione di ogni dominio, di ricerca del potere, di carrierismo.
3. Guardare agli ultimi, ai poveri, a quegli uomini e quelle donne che invocano, gemono, soffrono, piangono perché sono nel bisogno, oppressi da poteri mondani, ma oppressi anche dal peccato.
Antonio Spadaro, direttore della "Civilità Cattolica":
Ritengo che la prima sia la sfida antropologica. L’uomo, infatti, si sta interpretando in maniera differente dal passato, con categorie diverse.
La seconda grande sfida è quella dei linguaggi e della comunicazione. Se una volta comunicare significava “trasmettere”contenuti, al tempo dei social network, significa “condividerli” in un’ampia rete di relazioni. La vita della Chiesa è dunque chiamata ad assumere anche uno stile sempre più comunicativo e partecipativo.
La terza grande sfida, a mio avviso, riguarda la Chiesa intesa come comunione in un mondo globalizzato. L’immagine a suo modo “definitiva”è quella consegnata da Benedetto XVI al Collegio dei cardinali, da lui invitato a essere «come un’orchestra, dove le diversità– espressione della Chiesa universale– concorrono sempre alla superiore e concorde armonia».
Giorgio Campanini:
Ridurre il compito di direzione e di guida del Pontefice a ciò che è realmente essenziale per la vita della Chiesa, favorendo in essa una reale sinodalità.
Una seconda istanza concerne quell’invito alla corresponsabilità laicale cui richiamano numerosi documenti postconciliari, primo fra tutti la Lumen gentium, ma che non si è tradotto, in sede centrale (ma spesso, salvo eccezioni, nemmeno in sede locale) in adeguati comportamenti conseguenti.
Una terza istanza fortemente avvertita dall’opinione pubblica, anche ecclesiale, è la liberazione del Pontificato da ogni legame (e ancor più da ogni compromissione) con la finanza.
Bartolomeo Sorge:
1. Collegialità. Senza mettere affatto in discussione il primato di Pietro, occorre ormai il coraggio di rivedere le forme del suo esercizio.
2. c’è bisogno soprattutto di formare i fedeli a un’autentica spiritualità liturgica, nutrita dalla parola di Dio, che conduca a una partecipazione cosciente all’Eucaristia, fonte e culmine di tutta l’attività della Chiesa.
3. Senza un laicato maturo la nuova evangelizzazione è impossibile. Laicato maturo, vuol anche dire riconoscere e rispettare la legittima autonomia della loro testimonianza nella vita sociale e politica, dove il pluralismo delle scelte è la norma, fatta salva la coerenza con i valori cristiani e con la Dottrina sociale della Chiesa. Non tocca ai vescovi la mediazione politica dai valori etici assoluti alle scelte operative possibili.
Commenti