Ieri, 3 marzo 2013, Enzo Bianchi ha compiuto settant'anni. E' un'età importante che consente di gettare uno sguardo ampio sulla vita di una persona.
Mi sembra un'occasione per mettere a fuoco, per quel che posso, alcune colonne portanti della vicenda e del messaggio del priore di Bose. Personalmente, lo ritengo una voce importante per la chiesa come per la polis, anche se suscita l'ostilità di alcuni.
Vale la pena, allora, provare ad abbozzare un profilo d'insieme, per andare al di là delle semplificazioni dovute agli attacchi astiosi, ma anche agli schematismi in cui la notorietà può ingabbiare una persona. Mi limito a un elenco per accenni, in base a quella che è la mia percezione, facendo riferimento ai suoi testi. Ne risulta, nelle intenzioni, una piccola guida ragionata alla produzione di Bianchi.
Un'esperienza cristiana. Sarebbe sbagliato identificare Enzo Bianchi con un pensiero, un'idea. Non parliamo di un intellettuale che elabora un proprio sistema e cerca di divulgarlo. Non si capisce niente di lui, isolandolo dalla vicenda cristiana sua e della comunità a cui ha dato inizio, una vicenda che si radica nel rapporto con la madre e le persone che lo hanno educato ed è stata segnata fortemente dal pontificato di Giovanni XXIII e dal Concilio. Lo si può cogliere dai testi più autobiografici, come Ricominciare e Ogni cosa alla sua stagione.
L'ascolto della Parola prima di tutto. Entrando in contatto con Bianchi e con Bose, risulta evidente una dedizione fortissima alla Parola di Dio, al suo ascolto. Intendo un accostamento alla Bibbia che non è accademico, ma incastonato nella preghiera personale e nella liturgia, per assimilarla, lasciarla penetrare nel proprio essere. Le motivazioni e lo stile di questa centralità si rinvengono in Pregare la Parola e Ascoltare la Parola, ma sono i commenti esegetico-spirituali ai vari testi biblici che ne documentano gli esiti. Sarebbe significativo, se si avesse un giorno una raccolta di questi commenti.
La ricerca del radicalismo. All'ascolto della Parola del Signore, per colui che vuole essere discepolo segue l'obbedienza, il lasciare tutto ciò che si ha per seguirlo. Credo che senza obbedienza non sia dia vita cristiana, dice. Ipotizzo che per Enzo Bianchi abbia contato molto la lettura di Sequela di Dietrich Bonhoeffer. Sbaglia chi lo ritiene un cristiano che cerca accomodamenti con mode e mentalità altre. Sarebbe da riprendere in mano un libro di tanti anni fa, Il radicalismo cristiano.
Vita interiore. Un forte limite della nostra tradizione occidentale è aver dato spazio a una concezione del cristianesimo come insieme di pratiche religiose, di dottrine, di regole morali separando questi aspetti dalla vita spirituale che è rimasta sottovalutata. Il dinamismo dell'ascolto-sequela richieda invece una profonda immersione nell'interiorità, nel silenzio che fa spazio all'autentica Parola. Non è un atto improvvisato e individualistico, ma si apprende, richiede una guida. Bianchi ha dichiarato spesso il proprio debito verso uomini e donne spirituali che ha incontrato. Molti suoi scritti cercano di comunicare l'attenzione a questa dimensione determinante: Lessico della vita interiore, Perché pregare, come pregare, Lettere a un amico sulla vita spirituale, Una lotta per la vita.
La vocazione monastica. Dal discernimento è nata un'esperienza monastica originale, mista ed ecumenica. Credo che il cuore sia la comunione. E in questo siamo molto debitori alla tradizione di Basilio. Tutto nella nostra vita è strutturato affinché ci sia un reale volersi bene, una reale vita di comunione, che significa comunione di tutto, ma che significa principlamente carità effettiva. Per quel che ho potuto vedere, a Bose si coglie questa reale ricerca di radicalismo e di comunione. E' la vita monastica la matrice delle parole pubbliche di Enzo Bianchi che non vanno isolate da essa, per non fraintenderle. Altrettanto importante è il fatto che Bose non mi sembra "schiacciata" sul fondatore. E' una realtà di uomini e donne che va oltre la sua persona e questo mi pare sano. Qui i riferimenti sono: Il mantello di Elia, Non siamo migliori, La vita altrimenti.
Comunione con la chiesa. La comunione non è solo il fatto interno, come in alcune esperienze carismatiche o di movimenti che diventano piccole chiese parallele. Bose è inserita nella vita della chiesa e nelle relazioni tra le chiese, lavorando per l'unità. Così Enzo Bianchi, non a caso chiamato da Benedetto XVI a partecipare ai sinodi del 2008 e del 2012, ma lo è non all'insegna del conformismo, bensì della franchezza nella parola che arrichisce la chiesa. In nome della fedeltà all'essenziale, all'irrinunciabile, arriva a mettere in discussione atteggiamenti, idee e scelte che vengono indebitamente assolutizzati. Chi confonde la comunione con l'unanimità a tutti i costi, raintende la franchezza. Esempi di questa partecipazione fedele e libera li trovo in Altrimenti e nel recente Nuovi stili di evangelizzazione.
Comunione con la compagnia degli uomini. La vita monastica non è isolamento, ma ricerca di una fraternità più profonda con ogni uomo e donna. Ne è stato testimone un monaco come Thomas Merton. L'ascolto della Parola diventa lettura dei segni dei tempi, sguardo sulla storia e sulla società, da cui scaturisce un annuncio della fede esplicito e allo stesso tempo umile, non arrogante o giudicante. Ciò significa denunciare i mali, ma anche camminare in solidarietà per quell'umanizzazione che accomuna credenti e no. Non è il cristianesimo della militanza, dell'ideologia, in cui l'affermazione di sé usa la fede come schermo, ma dell'incontro e del dialogo. E' un vivere la differenza cristiana per relazione. Nell'esperienza di Bose, questa comunione trova la sua concretizzazione nell'accoglienza di chi bussa al monastero e nella riflessione di Enzo Bianchi ha preso forma in libri come Cristiani nella società, La differenza cristiana, Per un'etica condivisa, L'altro siamo noi.
Comunione con il creato nello scorrere del tempo. C'è un abitare le relazioni in cui la comunione si espande fino a comprendere il cibo e il vino come occasioni d'incontro, la natura e gli animali, l'alternarsi delle stagioni e il fluire delle età della vita. C'è uno sguardo che vede tutto come manifestazione di Dio, spazio di relazione con lui e con i fratelli. Uno sguardo che appartiene alla tradizione monastica e si trova, per esempio, in Isacco di Ninive e che Bianchi declina nella propria storia umana e nel nostro oggi. Io lo colgo in Dare senso al tempo, Il pane di ieri, Ogni cosa alla sua stagione.
Questo è un mio sguardo, una mia interpretazione, che andrebbe discussa e approfondita. Mi auguro di essere riuscito a cogliere qualcosa di vero della persona di Enzo Bianchi, per aiutare ad avvicinarlo in una prospettiva rispettosa del suo percorso di cristiano del nostro tempo.
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