Due giorni fa, a seguito delle voci di un'elezione papale in tempi ristretti come sembra auspichino i curiali, riflettevo sul perché il conclave non andrebbe anticipato.
E' una posizione le cui ragioni cominciano a farsi sentire. Oggi, sul Corriere, Alberto Melloni, da storico conoscitore del conclave e dei suoi addentellati pubblica un documentanto articolo che contestualizza il momento attuale in relazione alle più recenti modifiche alle norme che disciplinano l'elezione. L'ipotesi di un intervento in extremis lascia perplessi, visto che l'attuale papa ha avuto tutto il tempo per decidere.
Certo: qualche ora in più o in meno di congregazioni generali non cambia il conclave. Ma non lascia freddi l'idea che a ridosso della conclusione del pontificato qualcuno abbia premuto su Benedetto XVI (e tutti sanno quanto siano stati pericolosi coloro che negli anni passati volevano «aiutare il papa») per spingerlo ad intervenire di nuovo sulle norme vigenti.
Condivido le considerazioni che ne ricava Melloni.
Benedetto XVI è ancora nel pieno dei suoi poteri canonici e può fare quello che vuole. Nessuno si meraviglierà se il papa darà disposizioni aggiuntive su cose nelle quali non ritiene basti il buon senso, puta caso il destino dell'anello piscatorio, l'accesso alle carte personali dell'emerito, la controfirma della rinunzia. Potrebbe accorciare i tempi del conclave e non sarebbe un tragedia. Ma quella modifica sui tempi darebbe nell'occhio.
Il più grande guaio della chiesa romana - lo scisma d'Occidente che portò ad avere tre papi in concorrenza fra XIV e XV secolo - fu generato proprio da una manomissione delle regole elettorali, quando i cardinali impugnarono l'elezione di Urbano VI perché avvenuta per «paura». Che nel secolo XXI si debba anticipare il conclave per «paura» dell'attesa evoca un fantasma.
Fra poche ore si saprà se e quali modifiche verranno apportate alle regole conclavarie. Nel caso che si riduca l'attesa i cardinali dovranno essere più rapidi nel farsi un'idea delle cause di un disordine che non cessa; e dalle meditazioni che ascolteranno dovranno ricavare più in fretta le indicazioni di cui hanno bisogno. Consapevoli di una immensa responsabilità.
«Ubi periculum maius intenditur, ibi procul dubio est plenius consulendum» si diceva al concilio del 1274: «quando si intuisce un pericolo più grande, allora è il momento di una più ampia consultazione». Parole sagge di cui dovrà far uso il collegio cardinalizio per il tempo che avrà a disposizione.
Quella che s'è aperta con la rinunzia di Benedetto XVI è una fase inedita. Inedita è una rinunzia che per diciotto giorni è annuncio di sé. Inedite le circostanze presenti nelle quali i cardinali «degenti nell'Urbe» hanno accesso al papa che sarà presto emerito. Chiunque lo dimentichi scherza col fuoco.
Infatti, Andrea Tornielli riferisce che molti cardinali ritengono opportuno prendersi il tempo necessario per capire come stanno esattamente le cose in Vaticano (leggi qui il suo articolo). La situazione è molto più fluida di quanto non fosse nel 2005.
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