Anche nel caso del viaggio di Benedetto XVI in Messico e a Cuba, i commenti hanno accenti molto diversificati. Spesso, i mezzi di comunicazione ecclesiale scelgono i toni trionfalistici, che sono quelli meno interessanti, facendo leva sui numeri delle folle. Altri contributi sono più articolati e ragionati, mettendo in luce anche gli aspetti più problematici. Come ha fatto Massimo Faggioli nella sua analisi su il Mulino (leggi qui).
La Chiesa cattolica, anche in Messico e a Cuba, ha dei problemi interni che non si risolvono con la visita del papa, ma richiedono un coinvolgimento e scelte comuni da parte di tutta la comunità cristiana. Questi viaggi sono comunque occasioni di incontro e importante, in cui il pontefice costruisce la sua immagine sulla scena internazionale.
Soprattutto a Cuba, il papa è riuscito a trovare elogi anche da parte di chi solitamente lo critica. Persino su il manifesto sono usciti articoli favorevoli di Roberto Livi e Leonardo Padura. In questo ha contato molto la scelta strategica di scegliere una linea conciliante e non di scontro frontale con il regime cubano al tramonto. Però, sono stati molto importanti anche il registro e gli argomenti messi in campo da Benedetto XVI.
Nella messa in Piazza della Rivoluzione, all'Avana, si è soffermato sulla ricerca della verità nella libertà.
In effetti, la verità è un anelito dell'essere umano, e cercarla suppone sempre un esercizio di autentica libertà. Molti, tuttavia, preferiscono le scorciatoie e cercano di evitare questo compito. Alcuni, come Ponzio Pilato, ironizzano sulla possibilità di poter conoscere la verità (cfr Gv 18,38), proclamando l'incapacità dell'uomo di raggiungerla o negando che esista una verità per tutti. Questo atteggiamento, come nel caso dello scetticismo e del relativismo, produce un cambiamento nel cuore, rendendo freddi, vacillanti, distanti dagli altri e rinchiusi in se stessi. Persone che si lavano le mani come il governatore romano e lasciano correre il fiume della storia senza compromettersi.
D'altra parte, ci sono altri che interpretano male questa ricerca della verità, portandoli all'irrazionalità e al fanatismo, per cui si rinchiudono nella «loro verità» e cercano di imporla agli altri. Sono come quei legalisti accecati che, vedendo Gesù colpito e sanguinante, gridano infuriati: «Crocifiggilo!» (cfrGv 19,6). In realtà, chi agisce irrazionalmente non può arrivare ad essere discepolo di Gesù. Fede e ragione sono necessarie e complementari nella ricerca della verità. Dio ha creato l'uomo con un'innata vocazione alla verità e per questo lo ha dotato di ragione. Certamente non è l'irrazionalità, ma l’ansia della verità quello che promuove la fede cristiana. Ogni essere umano deve scrutare la verità ed optare per essa quando la trova, anche a rischio di affrontare sacrifici.
Probabilmente in queste parole c'era una critica al marxismo. Però, hanno una portata universale che vale anche per i cristiani e per il loro modo di presentarsi al mondo. Quindi, possono essere lo spunto per una costruttiva auto-critica. I cristiani parlano a tutti non quando si presentano come possessori di una verità a cui gli altri devono adeguarsi, traducendola deduttivisticamente in ordinamenti politici e leggi non negoziabili.
In realtà, sono le persone a non essere negoziabili. I valori sono per le persone e non viceversa. I cristiani, perciò, riescono a farsi ascoltare quando - senza rinunciare alle proprie convinzioni - si presentano come compagni sinceri nella ricerca della verità. Una ricerca che non può fare a meno della libertà. C'è una frase di Benedetto XVI a Santiago de Cuba che andrebbe meditata a fondo: Dio non solo rispetta la libertà umana, ma sembra averne bisogno.