I social network incrementano la nostra capacità di relazione, o invece ci illudono creando attorno a noi una sorta di bolla?
Il mondo della comunicazione digitale è sempre un susseguirsi di novità. E infatti c'è già chi si chiede quale sarà the next big thing dopo Twitter e la notizia del momento è Pinterest. Nell'attesa di sapere se esploderà o si sgonfierà, c'è chi cerca di riflettere criticamente su queste realtà.
Lo fa il gesuita Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica, sul suo blog Cyber Teologia che esplora le connessioni tra la fede e il modo di pensare e comunicare plasmato dalla logica della Rete.
In un suo post riflette sulla possibilità che social network e motori di ricerca ci mettano in contatto con chi tendenzialmente la pensa come noi, rassicurandoci, assencondando un bisogno psicologico e disabituandoci al confronto con l'alterità. E' un rischio reale, secondo me, ed è un aspetto di quella che Luigi Zoja chiama la morte del prossimo. A conferma che c'è bisogno di consapevolezza nell'uso che facciamo degli strumenti di comunicazione.
Ecco che cosa scrive Spadaro.
Ecco farsi avanti un rischio rilevante per l’uomo d’oggi nel momento in cui la Rete sta diventando un luogo rilevante per accedere alla conoscenza. Sia i social network come Facebook sia i motori di ricerca come Google conservano le informazioni delle persone che li frequentano, e questi dati sono utilizzati per dirigere le risposte o gli aggiornamenti circa i contatti personali.
È come se Google costruisse il nostro profilo di interessi sulla base dei nostri accessi alla rete, dei siti che visitiamo, di cosa ci interessa di più. E tutto questo
viene analizzato, in maniera anonima, attraverso degli algoritmi di riferimento, per cui le nostre ricerche non sono mai neutre, o basate su criteri esclusivamente oggettivi, ma sui nostri interessi specifici. Sono quindi orientate sul soggetto e dunque soggetti diversi ottengono risultati differenti.
Il vantaggio è immediato: arrivo subito a ciò che presumibilmente mi interessa di più perché Google mi ‘conosce’ e mi suggerisce cosa possa attirarmi maggiormente. Ma d’altra parte c’è un grande rischio: quello di rimanere chiusi in una sorta di ‘bolla’, per cui io non sono più in grado di accedere a ciò che non corrisponde alla mia figura e ai miei interessi, cioè a ciò che esprime un’opinione diversa dalla mia. Quindi, alla fine, io sarò circondato da un mondo di informazioni che mi somigliano, rischiando di rimaner chiuso alla provocazione intellettuale che proviene dall’alterità e dalla differenza
Il rischio è evidente: perdere di vista la diversità, aumentare l’intolleranza, chiusura alla novità, all’imprevisto che fuoriesce dai miei schemi relazionali o mentali. L’altro diventa per me significativo se mi è in qualche modo simile, altrimenti non esiste. Come evitare questo rischio? Lettura consigliata: E Pariser, The Filter Bubble: What the Internet Is Hiding from You, Penguin Press, New York 2011.
è bellissima questa considerazione, è un po' come lottare con se stessi per non crearsi una nicchia che ci impedisce di crescere.
Scritto da: Alèudin | 29/02/12 a 10:28