La chiusura di un anno è tempo di bilanci.
Nell'ambito cristiano, sono due i fatti che spiccano. Innanzi tutto, le figure ecclesiali uccise a motivo del loro impegno (vescovi, preti, religiosi e laici). E' la testimonianza resa con il dono della vita a rendere credibile la fede. Nel 2011, sono stati 26. L'agenzia Fides dedica loro un dossier da cui emerge che la maggior parte di questi martiri di oggi appartengono all'America Latina, cioè il continente con la maggiore presenza cristiana.
Questi fatti sono letti spesso in chiave di guerre di religione o di scontro di civiltà. Invece, è dove i cristiani sono schierati a fianco dei poveri che sono scomodi e vengono colpiti.
L'altro aspetto chiave è il cammino ecumenico. Al contrario del martirio, la divisione è la non-comunione, la negazione della fraternità, perciò il più grande scandalo dei cristiani. Come sono andate le cose nel 2011 su questo versante?
Prova a rispondere l'Osservatorio ecumenico della rivista Popoli, che è curato da un amico: Guido Dotti della comunità di Bose.
Ho trovato significativo questo passaggio:
Un anno, il 2011, che si è aperto, proprio nella veglia di capodanno, con la strage dei cristiani copti ad Alessandria e che ha poi visto, a più riprese, i cristiani come l’anello debole nei sommovimenti che hanno attraversato e stanno tuttora attraversando molti Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa. Queste sofferenze, i timori e le angosce che esse suscitano per il presente e ancor più per il futuro, hanno tuttavia mostrato la spontanea solidarietà di tanti fratelli e sorelle cristiani - di tutti i Paesi e di tutte le confessioni - verso chi più patisce nel professare la propria fede in Cristo. E al contempo hanno anche tragicamente ricollocato in una diversa prospettiva e dimensione le difficoltà e le ostilità che i cristiani possono incontrare in Paesi sempre più secolarizzati: ecumenismo, infatti, significa anche riconoscere l’esigente testimonianza fino al sangue di tanti battezzati e distinguerla dalla perdita di alcuni privilegi o dall’indifferenza, l’irrilevanza e, magari, anche l’avversione verbale che si può riscontrare in Paesi di ancor recente cristianità.