Una delle sfide più importanti per la Chiesa cattolica, di cui questo viaggio del papa in Germania è un simbolo eloquente, è la capacità di "stare" nella diversità di oggi senza "svendere" il Vangelo e adeguarlo alle mode, ma anche senza erigere barricate che allontanano le persone, invece che mostrare loro il volto accogliente dell'amore di Dio.
Il punto è cogliere nel pluralismo una ricchezza che corrisponde al disegno di Dio e non è condanna a priori delle persone. Mi sembra che finora Benedetto XVI ci sia riuscito anche più che in altre occasioni, mostrando il suo volto migliore.
Come quando, nel colloquio con i giornalisti in volo, ha risposto a una domanda sulle contestazioni nei suoi confronti.
Anzitutto, direi che è una cosa normale che in una società libera e in un tempo secolarizzato ci siano opposizioni contro una visita del Papa. E’ anche giusto che si esprima - rispetto tutti quanti – che esprimano questa loro contrarietà: fa parte della nostra libertà e dobbiamo prendere atto che il secolarismo e anche l’opposizione proprio al cattolicesimo nelle nostre società è forte. E quando si manifestano queste opposizioni in modo civile, non c’è nulla da dire contro.
E' un atteggiamento mite e sereno che non ha niente a che fare con le reazioni scomposte di chi, dietro a ogni critica, legge l'attacco persecutorio di una cultura anti-cristiana.
Significative anche le parole rivolte ai rappresentanti della comunità ebraica, con il riconoscimento del valore salvifico dell'ebraismo e del bisogno che hanno i cristiani degli ebrei per arricchire la propria lettura della Bibbia.
Mi sembra che noi cristiani dobbiamo anche renderci sempre più conto della nostra affinità interiore con l’Ebraismo. Per i cristiani non può esserci una frattura nell’evento salvifico. La salvezza viene, appunto, dai Giudei (cfr Gv 4,22). Laddove il conflitto di Gesù con il Giudaismo del suo tempo è visto in modo superficiale, come un distacco dall’Antica Alleanza, si finisce per ridurlo a un’idea di liberazione che interpreta in modo erroneo la Torà, soltanto come osservanza servile di riti e prescrizioni esteriori. Di fatto, però, il Discorso della montagna non abolisce la Legge mosaica, ma svela le sue possibilità nascoste e fa emergere nuove esigenze; ci rimanda al fondamento più profondo dell’agire umano, al cuore, dove l’uomo sceglie tra il puro e l’impuro, dove si sviluppano fede, speranza e amore.
Il messaggio di speranza, che i libri della Bibbia ebraica e dell’Antico Testamento cristiano trasmettono, è stato assimilato e sviluppato da giudei e da cristiani in modo diverso. “Dopo secoli di contrapposizione, riconosciamo come nostro compito il far sì che questi due modi della nuova lettura degli scritti biblici – quella cristiana e quella giudaica – entrino in dialogo tra loro, per comprendere rettamente la volontà e la parola di Dio” (Gesù di Nazaret. Seconda Parte: Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione, p. 45).
L'incontro con i musulmani sembra poi essere una ricucitura dello "strappo" seguito alle interpretazioni del discorso di Ratisbona, con l'invito a una collaborazione tra le religioni per un mondo migliore e la condanna dei fraintendimenti che l'Islam subisce, mentre sarebbe giusto che venga riconosciuta anche una sua dimensione pubblica.
Benedetto XVI ha anche richiamato alla necessità di un quadro di riferimento comune, da lui ritrovato nella Costituzione "il cui contenuto giuridico è vincolante per ogni cittadino, che sia appartenente o meno ad una confessione religiosa”. Secondo il Papa “è significativo il fatto che la legge fondamentale” esprima principi come la libertà di culto pubblico “in un modo ancora oggi valido”, dopo 60 anni: “In essa- sottolinea Joseph Ratzinger- troviamo espresso prima di tutto quell’ethos comune che è alla base della convivenza civile e che in qualche modo segna anche le regole apparentemente solo formali del funzionamento degli organi istituzionali e della vita democratica”. Qui c'è una piena accettazione di un principio di laicità!
Un altro momento importante, oggi, sarà l'incontro ecumenico con gli nell'ex convento di Erfurt (dove visse Martin Lutero). Pochi si attendono grandi sorprese, però non irrilevante il fatto che, sempre nell'incontro con i giornalisti, il papa abbia parlato di un'unità fondamentale che già esiste con i protestanti. Un'espressione che i commenti non hanno notato, ma di grande peso.
Mi sbilancio nel dire che, per come è andato finora, questo dal punto di vista dei contenuti potrebbe rilevarsi il viaggio più importante di Benedetto XVI.
Certo, resta il problema dell'altra grande sfida della Chiesa, quella pastorale; sarebbe a dire: quale volto di Chiesa, quali scelte, quali orientamenti rendono davvero credibile e persuasivo l'annuncio evangelico? Qui non può bastare un viaggio, ma c'è bisogno di una presa di coscienza e di un discernimento di tutta la Chiesa, nell'insieme delle sue voci e dei suoi carismi, con la pazienza di camminare insieme nel dialogo.
E' un'esigenza sentita da molti credenti, in Germania come altrove.