C’è un midrash che dice che il mondo è stato creato con la lettera “he” che è una specie di cornice con due aperture. Secondo i Maestri il mondo viene creato con questa lettera perché dalla cornice che Dio ha stabilito si può uscire (c’è libertà di scelta) ma c’è una seconda apertura perché si può ritornare e fare teshuvà. Il Talmùd si chiede perché due aperture. Dopotutto si può entrare e uscire dallo stesso punto. Un Maestro contemporaneo, Rabbi Chaim Shmuelevitz dice che non è così: per poter rientrare, per poter fare teshuvà bisogna fare un’altra strada, è necessario mettere in discussione le proprie idee e i propri atteggiamenti.
Con il tramonto di ieri, è cominciato Rosh haShanà, il capodanno ebraico. Il testo che ho riportato fa parte del messaggio di auguri del rabbino capo di Milano, Alfonso Arbib. "Fare teshuvà" è un concetto molto simile alla conversione cristiana intesa come metànoia, che non è solo un pentimento o un cambio di opionione, ma un vero e proprio ri-orientamento di tutto il proprio essere per fare ritorno a Dio.
Credo nel cambiamento, credo che sia possibile cambiare se stessi, la chiesa, la società. Se il cambiamento non fosse possibile, non ci sarebbe neanche vita.
Ripeto spesso che, quando nostra madre ci ha partoriti, non siamo nati, ma abbiamo iniziato a nascere. Ciò che siamo veramente, il nostro io autentico nella sua pienezza, non l'io che si nutre delle sensazioni momentanee, non lo conosciamo ancora.
Scegli, dunque, la vita ci dice Deuteronomio 30,19. E' l'invito a percorrere questo cammino di umanizzazione, che non avviene mai senza l'altro e per il credente non avviene mai senza Dio.
Si tratta di scegliere tra la vita e la morte. Tra ciò che fa crescere la vita, nel dono reciproco delle relazioni, e le gratificazioni istantanee e individualistiche che la fossilizzano nel ripiegamento su di sè. I maestri ebrei ci dicono che c'è sempre un'apertura, c'è sempre una possibilità di riattivare una circolazione bloccata.
A Dio basta un residuo di succo in un grappolo schiacciato per ricavarne una benedizione (Isaia 65,8).
Siamo stagno o acqua che scorre?
proprio in questo periodo mi ritrovo spesso a riflettere su cosa sia realmente essere Cristiano.
Pensando alla mia esperienza più che conversione si tratta di un "rendersi conto", "diventare consapevoli", accorgersi di essere Cristiani.
sono sempre stato Cristiano ma non lo sapevo, però è anche vero che da quanto mi sono convertito, riorientato, mi accorgo di aver recuperato il rapporto con me stesso.
come dice Lewis nel libro "Lettere di Berlicche": se ci diamo tutti a Dio lui ci ritorna noi stessi.
ovviamente la strada è lunga
Scritto da: alèudin | 30/09/11 a 09:24