La querelle sulle esenzioni fiscali, per intensità e risonanza, potrebbe aver un impatto sulla Chiesa cattolica italiana paragonabile a quello degli scandali per gli abusi sessuali in altri Paesi. Da noi sono emersi casi isolati e relativamente poco numerosi, a confronto con altre realtà, e quindi non abbiamo idea dell'onda che ha investito il cattolicesimo in altri contesti.
Però, in questo particolare momento, la questione economica in Italia è talmente delicata e sentita da porre un serio problema per la credibilità del cattolicesimo. L'idea di una Chiesa ricca e potente che gode di privilegi suscita una forte ostilità.
Non a caso i media cattolici si stanno impegnando senza risparmio per replicare alle contestazioni. Basti vedere il sito di Avvenire, il quale mette in grande evidenza una sezione dedicata a questo tema. Inoltre, il direttore Tarquinio ha denunciato il tutto come una campagna montata ad arte per screditare la Chiesa cattolica con una regia a due teste: i radicali e i massoni, fiancheggiatori degli evasori fiscali.
Questo il quadro. Ora, vorrei porre una questione. Sono disposto a sottoscrivere in pieno la tesi più benevola per la Chiesa cattolica, cioè che le polemiche sono esagerate (lasciando da parte le tesi complottiste, verso cui nutro perplessità) e che sia le esenzioni che i proventi dell'8 per mille riguardano attività e iniziative con fini di culto, benefici o che comunque vanno a favore di un interesse collettivo, non solo dei cattolici.
A questo punto mi chiedo: allora, tutto bene?
Forse, sì. O, forse, in un momento di straordinaria gravità, non è lecito attendersi dalla Chiesa un qualcosa di più, un gesto unilaterale e di valore sostanziale e simbolico?
Può essere tutto limpido, tutto giusto, tutto legale nei conti e nelle dichiarazioni dei redditi della Chiesa cattolica, ma la comunità cristiana può mettere in campo un supplemento d'anima. La misura cristiana è la dismisura dell'amore, che non fa calcoli. E non si appoggia su certezze materiali.
Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la Chiesa è chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza (Lumen Gentium, 8).
La Chiesa italiana non è povera e priva di mezzi nelle sue varie articolazioni. In un momento di straordinaria gravità per l'Italia, un gesto di rinuncia a una quota delle proprie entrate tagliando alcune uscite, come proposto da Giorgio Campanini su Famiglia Cristiana. Un gesto del genere, compiuto liberamente, avrebbe un grande significato e renderebbe un grande servizio all'annuncio del vangelo.
Concordo con tutto quanto ho letto qui sopra.
Rimane purtroppo irrisolto il dubbio di Christian: "... in un momento di straordinaria gravità, non è lecito attendersi dalla Chiesa un qualcosa di più? ...". E rimane disatteso il buon proposito espresso dalla Lumen Gentium 8: "Come Cristo ... così pure la Chiesa è chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza".
Rimane anche un mio dubbio: la Chiesa (quella ufficiale) troppo spesso dà l'impressione di non credere molto nelle verità altissime che predica (il Vangelo), dimostrando così una grossa carenza di credibilità.
C'è troppa divergenza fra la Chiesa e il suo Signore a cui dichiara di volersi conformare (ma con scarsa convinzione). E c'è troppa divergenza fra la Chiesa visibile nella storia e quella dei Vangeli, convocata da Gesù Cristo.
Temo che a questa Chiesa dell'oggi non importi neppure molto di essere credibile agli occhi delle moltitudini, quelle che Gesù Cristo cercava, guariva, sfamava. A questa Chiesa basta l'osanna dei suoi movimenti! Gli "altri" non sembrano interessarla, gli "altri" sono lasciati come pecore senza pastore!
Scritto da: Vanni | 29/08/11 a 18:55