Che cosa diciamo noi cristiani agli altri? Che cosa esprimiamo? Che cosa manifestiamo? Che cosa viviamo?
Le considerazioni che sto esponendo in questo periodo di elezioni sul rapporto tra cristiani e politica rimandano, alla radice, a queste domande di fondo. Il punto è se mettiamo al centro il Vangelo o qualcosa d'altro. Ma cosa significa, poi, annunciare il Vangelo.
Ha provato a spiegarlo Enzo Bianchi in un colloquio al Salone del Libro di Torino.
Quando noi diciamo Vangelo, dovremmo in realtà pensare a una buona notizia. La parola greca euangelion significa proprio questo. Una buona notizia. Essa si attende, la si auspica , si desidera proprio perché porta felicità, gioia... E riguarda tutti. Ma il Vangelo rappresenta per noi cristiani ancora, come indica il termine, un messaggio di gioia?
La Bibbia in realtà è una “biblioteca” enorme di parole e di concetti di tutti i tipi: vi sono racconti, norme, episodi, invettive, etc. e quindi non tutta la Bibbia si può definire propriamente “Vangelo”. Se si è pensato di chiamare proprio “Vangelo” quattro piccoli libri su Gesù, allora evidentemente qualcuno ha ritenuto duemila anni fa che essi sono proprio una “buona notizia”, non prioritariamente un “insegnamento” o dei semplici cenni biografici su Gesù o ancora delle norme etiche. Semplicemente una buona notizia.
Ho purtroppo l’impressione che noi oggi non abbiamo questa idea del Vangelo e che ne abbiamo fatto piuttosto un ricettario di etica. Insomma, credo che prima esso dovrebbe risuonarci come “buona notizia” e solo poi come “comportamento”. Dovremmo sentire la gente dire: “Ho sentito qualcosa che mi interessa e che mi spinge verso la felicità!”. E poi c’è anche un modo di dare una buona notizia: non si può darla in modo rabbioso, pigliandosela con le persone a cui la si annuncia, insomma con diffidenza. Ecco, credo che lo stile sia un po’ anche il messaggio.
Forse oggi noi cristiani non sappiamo comunicare il Vangelo se non come una specie di riserva di regole morali. Oppure, come era una volta, una riserva di verità. Certo, i dogmi fanno parte della nostra fede e sono indispensabili ma c’è un primo momento in cui devo ricevere la buona notizia e solo dopo, anche con l’uso della ragione, cercherò di incarnarla nella mia vita.
Un caso concreto ci è offerto dal brano del Vangelo di Giovanni sull’adultera: alla richiesta degli ebrei di punire la donna perché colta in fragrante adulterio, Gesù si china e scrive per terra qualcosa … di cui non resterà nulla… Poi Gesù, dopo un momento di silenzio, dice la famosa frase: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Tutti se ne vanno a cominciare dai più vecchi. Persone oneste - oggi forse non se ne andrebbe nessuno - ma quello che per Gesù conta è solo la conversione della donna, che avviene perché ha sentito la “buona notizia” del perdono, insomma perché si è sentita amata.
La sintesi di tutto l'intervento di Enzo Bianchi (che consiglio di leggere, perché sono affrontati anche argomenti come l'immigrazione e la laicità) si trova sul sito di Famiglia Cristiana. Era da diverso tempo che non lo visitavo e l'ho trovato rinnovato nella forma e nei contenuti. Un sito ben fatto!