Le nostre comunità cristiane possono assomigliare o a un giardino di narcisi (gli eletti che si compiacciono della propria appartenenza selettiva) o a un prato di margherite (dove brilla il sorriso della condivisione fraterna) o a una vasca delle ninfee che galleggiano nell'acqua e affondano le radici nell'humus: quella fede nel mistero di Dio che, come l'acqua, irrora e placa le nostre turbolenze e sorregge il nostro affiorare come testimoni alla luce del sole, dentro l'evolvere delle stagioni della vita o dei segni dei tempi, che incessantemente provocano la pastorale a riscoprire una "bellezza antica e sempre nuova".
Nella IV domenica di Pasqua il Vangelo è quello del buon pastore.
Il rapporto di fede tra Gesù e noi, tra Gesù e la chiesa comunità dei credenti, è un rapporto di bellezza (il testo greco orginale non dice "buon pastore", ma kalòs, bel pastore).
Per noi la bellezza e la bontà non sono la stessa cosa, per Giovanni sì.
Lo dico per quanti di noi concepiscono la fede in Gesù come una favola dal volto triste, magari angosciato.
Il Vangelo è lieta notizia, è lo splendore del Padre in lineamenti umani, ha lo sguardo di chi legge il canto delle creature, ha la commozione di chi condivide l'avventura umana per suscitare speranza nelle difficoltà e amore nelle relazioni umane.
Agostino Cantoni
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