Ieri mattina, a Roma, nel popolare quartiere di Casal Bruciato, l'ennesimo sgombero di un campo rom ordinato dall'amministrazione capitolina del sindaco Alemanno. Poche ore dopo la decisione da parte dei nomadi, appoggiati anche dalle associazioni che lavorano per l'integrazione e da diversi movimenti cattolici, di occupare - sebbene si tratti piuttosto di un'azione dimostrativa - la basilica di San Paolo Fuori le mura, che si trova in uno dei municipi maggiormente colpiti dalle ordinanze di sgombero di Alemanno.
È venerdì santo, il papa sta celebrando la via crucis in mondovisione al Colosseo, quella vera, però, si svolge altrove, da quasi un mese: oltre 40 gli sgomberi dei campi nomadi voluti dal sindaco dal primo aprile. «Stiamo facendo la nostra via crucis», dicono i circa 200 rom dentro la basilica di San Paolo, la maggior parte dei quali sono cristiani. «È Pasqua, la Chiesa ci aiuti. Questa è la casa del Signore, non abbiamo un posto dove andare. Facciamo una richiesta di asilo allo stato del Vaticano, anche perché intervenga contro le persecuzioni ai danni dei rom».
E meno male che la giornata era iniziata con un messaggio di auguri pasquali del premier Berlusconi a Benedetto XVI, tramite il segretario di Stato cardinal Bertone. «La santa Pasqua vede l'Italia impegnata nell'assistenza alle migliaia di persone in fuga dai Paesi del nord Africa», scrive il presidente del Consiglio, quasi in una excusatio non petita. «In ossequio al rispetto della dignità e del valore della persona umana sancito dai popoli della Terra nella Carta dell'Organizzazione delle Nazioni Unite», prosegue il messaggio del premier al papa, l'Italia «si sta adoperando al meglio per rispondere con generosità a tanta sofferenza».
Pochi minuti dopo, però, i manganelli e le ruspe di Alemanno demoliscono il campo di via dei cluniacensi. E due giorni prima avevano fatto lo stesso con quello in via del Flauto, al Collatino, dove vivevano oltre 270 persone, di cui oltre la metà bambini. E così per tutto il mese di aprile. A tutti i rom la stessa inutile ed inaccettabile proposta: per donne e bambini un'accoglienza momentanea, per gli uomini la strada. Al punto che anche la Comunità di Sant'Egidio, solitamente assai timida quando si tratta di muovere critiche alle istituzioni e alle amministrazioni, aveva bacchettato il sindaco, accusandolo di «assenza di idee» e di «errato messaggio che incoraggia chiusura e durezza immotivate», tanto più in «questa settimana santa, alla vigilia della beatificazione di Giovanni Paolo II».
«Non si intravede una politica - denuncia ancora il movimento cattolico guidato da Andrea Riccardi -, e di certo non una politica di accoglienza e umanità all'altezza del ruolo di Roma e delle sue responsabilità nazionali e internazionali». Parole non gradite da Alemanno che ieri, mentre i suoi uomini sgomberavano i rom, ha ribadito che «il fatto che venga rifiutata l'assistenza vuol dire che molti non sono nelle condizioni disperate che Sant'Egidio si immagina, ma spesso fanno una scelta di carattere economico e non di disperazione».
La chiesa è l'unico luogo
«La scelta di entrare nella basilica di San Paolo è stata dettata dal fatto che, in queste settimane di sgomberi violenti, la chiesa è l'unico luogo dove i rom non possono essere cacciati», spiega Gianluca Staderini, dell'associazione Popica, che insieme all'Arci, a Sant'Egidio, alla Comunità di base di San Paolo è a San Paolo per sostenere l'azione dei rom. Ma si spera anche che le istituzioni ecclesiastiche e il vicariato di Roma, fino ad ora muti, intervengano. «Noi rom che viviamo da anni nelle baracche di questa città chiediamo aiuto alla Chiesa», dicono dalla basilica, in una Lettera alla Chiesa. «È questa la nostra settimana santa. Le nostre baracche sono brutte e pericolose, ma dopo gli sgomberi ci troviamo a vivere per strada», per questo «chiediamo alla Chiesa di aiutarci a fare sentire la nostre voci».
Nella basilica di San Paolo, nel tardo pomeriggio, inizia la celebrazione liturgica del venerdì santo, e quasi tutti i rom rimangono all'interno della chiesa per parteciparvi, senza che nessuno faccia obiezioni. E arriva anche don Pietro Sigurani, parroco della Natività, dove sono ospitati circa 30 tunisini sbarcati a Lampedusa, che però deve dribblare una guardia della Gendarmeria vaticana che lo invita a non parlare con i giornalisti.
«Sono venuto per portare solidarietà a questi amici», dice il prete. «Bisogna affrontare questi problemi fuori dagli ingranaggi politici, perché sui poveri non si deve speculare, mentre assistiamo a una continua campagna elettorale sulla pelle dei più deboli».
Luca Kocci
Questo articolo è stato pubblicato dal Manifesto. Per ricordare che la Pasqua è rinnovamento della vita e non evasione dalla vita.
La Comunità di Sant'Egidio ha diramato un proprio comunicato stampa che puoi leggere qui di seguito:
Settimana Santa. Settimana dolorosa per Rom e immigrati a Roma. Inadeguata la risposta della città.