Gesù era veramente uomo. Ma era anche Dio? Come possiamo dirlo?
La pubblicazione del nuovo libro su Gesù di Nazaret scritto da Joseph Ratzinger al di fuori del suo ministero papale rilancia questi interrogativi che toccano il cuore della fede cristiana. In proposito, il manifesto ha pubblicato un articolo di Enzo Mazzi molto critico nei confronti del volto che le chiese cristiane attribuiscono a Gesù:
Di fatto del Gesù storico non si sa quasi nulla. Ormai è un dato acquisito nella teologia biblica non servile. I Vangeli non sono la storia di Gesù ma la riflessione teologica in forme narrative o rituali delle comunità cristiane del primo secolo in ambiente pagano. Inoltre è accertato ormai che le più antiche testimonianze scritte non sono i Vangeli canonici. Sono le tradizioni dei cosiddetti loghia, cioè dei «detti» di Gesù. Che prima sono stati tramandati oralmente nell'ambiente palestinese e poi sono stati inseriti nei Vangeli. Quei «detti» di Gesù sono «il Vangelo prima dei Vangeli». Poi il Vangelo dei detti di Gesù è andato perso perché gli scribi smisero di farne copie in conseguenza della fissazione autoritativa del canone.
Oggi si direbbe sbrigativamente che ha subito una censura. È stato recuperato o riscoperto nel 1838, attraverso un delicato lavoro di filologia, incastonato nei Vangeli canonici. È stato pubblicato solo nel 2007 in italiano dalla Queriniana in un volume a cura di un grande specialista, James M. Robinson: "I detti di Gesù".
Questo ritardo di quasi due secoli la dice lunga sulle resistenze poste dall'autorità ecclesiastica alla pubblicazione di un testo storico che mette in crisi le certezze dogmatiche. Perché è importante questo Proto-Vangelo? Perché l'immagine di Gesù che se ne ricava è molto diversa da quella fissata nelle narrazioni canoniche dei Vangeli. E soprattutto è diversa l'immagine che si ricava del cristianesimo nascente. Non ci sono che nel sottofondo racconti di miracoli e soprattutto non c'è notizia dei fatti della nascita, della morte e della resurrezione.
Questa assenza di eventi così fondamentali per i Vangeli canonici e poi per il dogma è impressionante. L'accento è posto non sulla persona di Gesù ma sul messaggio e sul movimento messianico di impegno per la realizzazione del Regno di Dio. Il quale tradotto in termini moderni si potrebbe definire come movimento per un «mondo nuovo possibile».
Il Gesù del Proto-Vangelo è soprattutto un «figlio dell'uomo», che alla lettera può significare «Figlio dell'umanità», parte di un movimento storico di liberazione radicale. C'è in quel documento solo un'eco flebile del processo di mitizzazione della persona di Gesù che è appena agli inizi e che però presto sfocerà nella divinizzazione. È assente l'essere divino-umano, il dio incarnato che si sacrifica per redimere l'umanità peccatrice. Il quale invece sarà poi offerto soprattutto dalla Chiesa di Paolo al mondo pagano avido di sacro e di salvezza mistica.
In sostanza, dice Mazzi, l'unica cosa storicamente certa è il messaggio di Gesù che aveva un contenuto storico-politico di liberazione dall'oppressione, mentre le chiese gli hanno costruito attorno un apparato leggendario e dogmatico in funzione del proprio marketing religioso.
Mi pare un esempio di discorso in cui alcuni dati reali vengono forzati ed esagerati per ricavarne conclusioni arbitrarie. P.es. quando si dice che la fonte Q, cioè la raccolta dei detti di Gesù, sia l'unica fonte attendibile sulla sua persona, mentre sul Gesù storico non si sa quasi nulla e ogni altra affermazione sarebbe espressione di una teologia biblica servile. Non è intellettualmente onesto dire che sono valide solo le ipotesi e le ricerche che rispecchiano i nostri gusti.
Cito solo la famosa intervista di Corrado Augias a Mauro Pesce che non può certo essere definito uno studioso asservito alle autorità ecclesiastiche (Inchiesta su Gesù, Mondadori):
La molteplicità delle immagini di Gesù di per sé non è scandalosa né può indurre al relativismo. Il punto di vista di ciascuno, gli aspetti particolari che ciascuno vede, possono coesistere.
Più che definirle ambigue per "scarsità" direi che le fonti riflettono la fede di chi le ha scritte. L'adesione di fede dell'autore non ne elimina però il valore storico. Ogni autore dei vangeli ha aderito a Gesù vedendo realizzate in lui certe sue aspirazioni. (...)
A me sembra, in definitiva, che una possibile molteplicità sia inerente a ogni forma di conoscenza. Senza affatto sconfinare nello scetticismo, bisogna rendersi conto che la conoscenza umana, compresa quella dei teologi e delle formulazioni domatiche delle Chiese, è sempre parziale, prospettica, scorge alcuni aspetti, ne ignora altri (pp. 41-42).
I Vangeli sono documenti di fede, certo, ma ciò non significa che siano storicamente falsi. Non se ne può ricavare una conoscenza dettagliata e comprovabile di ogni aspetto della vicenda di Gesù, ma ciò non signifca che siano falsi.
Conta soltanto ciò che Gesù ha detto, il suo messaggio, o questo aspetto non può essere separato dalla sua azione e dalla sua identità? Nel primo caso, Gesù era una grande personalità religiosa, come altre nella storia umana, ma non più di questo. Eppure, gli autori del Nuovo Testamento non lo vedevano soltanto così. Perché insistere tanto sulla resurrezione, al punto da farne il centro della predicazione cristiana? Perché vedere in lui addirittura la Parola di Dio fatta carne?
Per un calcolo strategico? E, allora, perché mettersi contro i poteri politico-religiosi del tempo a cui uno come Paolo di Tarso era pure vicino?
O forse perché ci credevano davvero? Ma se è così, ciò può dipendere solo dal fatto che nella vicenda e nella persona di Gesù c'era qualcosa di assolutamente unico.
Qui si va a toccare il punto di che cosa sono i Vangeli e di che cosa è la Bibbia.
Non è l'esposizione di un insegnamento dottrinale su Dio e sul mondo. Lo ha detto con puntualità un grande monaco, Thomas Merton:
Dobbiamo quindi avere assai chiaro che cosa ci possiamo aspettare dalla Bibbia: non andremo a cercarvi penetrazioni metafisiche nel fondamento della realtà, o indagini morali nell'etica di ogni singolo atto umano, ancora meno metodi di disciplina contemplativa o di autotrascendenza tramite stati di trance o di illuminazione mistica. nemmeno vi cercheremo de isistemi teologici o filosofici, o delle spiegazioni articolate sul funzionamento dell'universo ("Leggere la Bibbia", Garzanti, p. 60).
La Bibbia è la narrazione di un incontro, o meglio di una successione di incontri, di una storia di incontri e degli effetti che hanno prodotto sulle persone che li hanno vissuti come incontri con la persona di Dio. In particolare, all'origine dei Vangeli non c'è tanto il messaggio di Gesù, ma l'incontro con la persona di Gesù che ha fatto sì che venisse riconosciuto come "colui che è invitato" trasformando la visione del mondo e la vita di coloro che hanno fatto questa esperienza:
Quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita - la vita infatti si manifestò, noi l'abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi - quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi (1 Giovanni 1,1-3).
Se il cristianesimo è giunto a noi, è perché attraverso l'annuncio e l'ascolto della Parola altri, da duemila anni fino a oggi, hanno continuato e continuano a fare questa esperienza. Ciò non toglie i tradimenti del Vangelo che molti cristiani, anche indossando paramenti sacri, hanno perpetrato. Ma l'essere Chiesa secondo il Vangelo non è questo così come il cristianesimo non è riducibile a una filosofia politico-religiosa ricavata dalle parole di Gesù, cancellando la dimensione spirituale del cristianesimo. Quest'ultima posizione ripete, in modo speculare da "sinistra", la stessa operazione di chi fa del cristianesimo una religione civile o un'etica basata sul diritto naturale.
Vivere la fede cristiana è certamente fare esperienza di un amore liberante a livello personale e sociale, ma non per adesione intellettuale al messaggio di Gesù, bensì a partire dal fatto che la persona di Gesù, la sua croce e la sua risurrezione sono l'annuncio di questo amore liberante di Dio Padre.
In questo si è manifestato l'amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui (1 Giovanni 4,9).
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