Mercoledì scorso ho avuto l'onore di cenare con Carlo Molari e poi di partecipare all'incontro da lui tenuto al Centro diocesano di spiritualità di Crema: "Ascoltare i linguaggi della vita e dello spirito". E' stato stimolante conoscere quest'uomo che a 82 anni mantiene una freschezza di pensiero e una vitalità invidiabili. Don Carlo è stato tra i primi teologi italiani ad accostarsi alla prospettiva evoluzionistica mostrando che non è una minaccia ma, al contrario, un arricchimento per la fede cristiana. Non si è fermato a questo, ha cercato di ripensare la vita spirituale e l'attuazione della fede nella vita coerentemente con questa prospettiva.
E' arrivato a Crema da Vicenza e il giorno dopo è ripartito per Cefalù alla guida della sua auto, richiestissimo in tutta Italia per interventi, ritiri, corsi di esercizi spirituali. E' uno dei principali animatori delle iniziative dell'associazione Ore Undici sul cui sito si può leggere un suo profilo biografico nonché ascoltare anche le registrazioni di sue omelie e conferenze.
Riporto un brano di una sua riflessione che rende il "tono" del discorso fatto a Crema
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Noi siamo tempo: non possiamo presumere di essere già quello che dobbiamo essere: lo stiamo ora diventando; non possiamo presumere di avere già le qualità che ci sono necessarie per vivere: le dobbiamo ancora acquisire. Siamo in processo, in movimento.
Il tempo spesso noi lo concepiamo come un qualcosa di neutro, come uno spazio vuoto che possiamo riempire a piacimento. Questo è un modo errato e, in ogni caso, non sufficiente per capire e vivere la condizione di creature in processo. Nella visione statica, caratteristica dei secoli scorsi, quando si pensava che tutta la realtà fosse già fissata nella sua natura o essenza, il divenire era una decisione da prendere, non uno stato da vivere. Era un impegno morale, occorreva fare qualcosa. Nella prospettiva dinamica, invece, il divenire è la nostra condizione di esistenza, noi non siamo ma diventiamo e il tempo è l’ambito di una particolare offerta di esistenza. Possiamo accogliere o rifiutare l’offerta, ma non possiamo rifiutare la condizione del divenire.
Ciò che è chiesto oggi a noi non era chiesto alle generazioni precedenti, proprio perché noi siamo perfezione frammentaria, in processo, ogni generazione ha delle esigenze particolari e la capacità di amore oggi richiesta, ha una profondità e un’estensione che secoli fa non era pensabile e non era possibile. Oggi ancora non è possibile, lo deve diventare. La nostra riflessione, quindi, tende alla acquisizione di una perfezione che non abbiamo ancora acquisita.
Permettete subito una conclusione immediata: quando si parla della natura, delle leggi di natura ci si riferisce al passato, a quello che abbiamo sperimentato, a quello che l’umanità ha acquisito qualche secolo fa, quando sono state evidenziate e fissate le leggi. Ma nella prospettiva evolutiva, se siamo realmente in processo, se stiamo diventando, voi capite che non si può definire la natura e le sue leggi solo in base al passato. Occorre evidenziare anche ciò che la realtà è destinata a diventare. Questo mette in crisi molte concezioni rigide e fisse della legge naturale. Questo non vuol dire che tutto è lecito, ma che il criterio non può essere desunto in modo assoluto solo dal passato, ma anche da ciò che di nuovo oggi la vita offre ed esige da noi. In questo senso l’analisi delle nostre situazioni, con la formula usata da Gesù, l’analisi dei segni dei tempi - fa parte necessaria non solo dell’operare morale, ma del nostro esistere, del nostro divenire.
Questo dato non è ancora acquisito nella cultura. Dobbiamo renderci conto che la maggioranza di noi, a parte forse le nuove generazioni che già stanno assimilando da piccoli le nuove prospettive, necessariamente deve ogni giorno assumere il modello dinamico, per impostare la propria esistenza. Non possiamo affidarci alle abitudini o agli istinti, perché sono segnati dai primi modelli utilizzati nella fanciullezza, che sono statici. Siamo stati educati a considerare la realtà già definita e consistente, operante secondo leggi assolute, che era necessario apprendere e seguire. Più si risaliva lungo la china del tempo fino alle origini più ci si avvicinava alla verità assoluta. La perfezione era all’inizio. Anche il concetto di natura che deriva da ‘nascere’, fa riferimento all’origine.
Nella prospettiva evolutiva invece, la perfezione sta alla fine. Guardando solo al passato non possiamo individuare in modo adeguato e sufficiente in quale direzione stiamo andando, come dobbiamo vivere il nostro presente che cosa ci è chiesto per rendere possibile il futuro.
Da questo non possiamo dedurre che tutto ci è lecito. Al contrario! Proprio perché diventiamo attraverso le scelte, proprio perché possiamo rifiutare le offerte di vita e non cogliere il dono che ci viene proposto, è necessario essere molto vigilanti sui pensieri, le fantasie, i desideri, i rapporti e le decisioni. Corriamo il rischio di sopravvivere senza diventare noi stessi. Anche sopravvivendo, come Roberto prima giustamente diceva, possiamo non vivere, perché non facciamo altro che ripetere ciò che il passato ci ha consegnato o ciò che abbiamo vissuto. Se siamo tempo ci sono opportunità che dobbiamo riconoscere e accogliere per rendere possibile il futuro.
In questo senso la nostra responsabilità diventa molto più grande e la risposta che essa implica non possiamo trovarla nel passato, o presumere di conoscerla già ma dobbiamo continuamente cercarla.
Carlo Molari