In alcuni post precedenti ho cercato di presentare, un po' disordinatamente, parte del mio percorso personale e alcune "percezioni" sul modo di intendere la nostra esistenza, il vivere e il morire che tutti ci accomuna (v. Contare i giorni).
Ho trovato parte delle mie intuizioni espresse molto meglio di quanto avrei potuto fare io, insieme a ulteriori stimoli sui quali mi sto soffermando, in una pagina del patriarca di Costantinopoli Atenagora nei suoi dialoghi con il teologo ortodosso Olivier Clément. L'ho scoperta grazie alla preziosa raccolta di letture spirituali preparata dalla comunità di Bose per accompagnare tutto l'anno (Comunità monastica di Bose, Letture per ogni giorno, Elledici). E' uno scrigno di pietre preziose da cui non si finisce mai di attingere.
Per una vita nuova, non esiste altra base che la risurrezione: essa forma in noi "l'uomo di Dio compiuto, preparato per ogni opera buona" (2 Timoteo 3,17). L'uomo interiore, l'uomo nascosto del cuore, è la coscienza lentamente maturata in noi della nostra risurrezione nel Risorto.
Il cuore, questo "corpo più interiore del corpo" dice enigmaticamente Palamas. Tutto il problema sta nell'unire l'intelligenza e il cuore, affinché l'intelligenza cessi di essere febbire e disordinata, e il cuore di essere cieco. L'uomo unificato nella grazia acquista un "cuore intelligente" che vede la luce divina sgorgare nella profondità del suo corpo innestato dal battesimo al Corpo luminoso del Cristo.
Il "cuore intelligente" è quello che ha l'intelligenza dell'amore. L'amore è la grande forza, l'unica forza, l'energia divina che penetra e muove tutte le cose, tutto l'universo, sino alle più remote nebulose. Avere l'intelligenza dell'amore significa accogliere ogni essere come un mistero. San Giovanni, invecchiando, non sapeva più dire altro: "L'amore viene da Dio, colui che ama è nato da Dio e conosce Dio, colui che non ama non ha conosciuto Dio, poiché Dio è amore" (1 Giovanni 4,7-8).
Per poter diventare cosciente della mia esistenza e di quella di Dio, ho bisogno dell'altro. La coscienza della mia identità passa attraverso l'altro, e io la ricevo da Dio nello stesso momento in cui conosco l'altro. Noi uomini cerchiamo di unirci l'un l'altro e troviamo insieme "il centro a cui convergono tutti i raggi".
E' quanto cerco. E' la speranza di trovare un centro nelle nostre esistenze caotiche, frammentate, disperse. E' la religione non come sistema di dottrine o di riti, ma come esperienza di un legame originario (dall'etimo religare) che mi unisce a Dio e agli altri, che deve emergere e manifestarsi appieno nella risurrezione.