15 parlamentari del PD hanno scritto al direttore de l'Unità esprimendo disagio e riserve sulla pubblicazione di una striscia umoristica che sottolinea la difficoltà a ottenere, da parte della Chiesa cattolica, la cancellazione dai registri battesimali (il cosiddetto "sbattezzo").
Tra i firmatari Paola Binetti, Luigi Bobba, Pierluigi Castagnetti, Lino Duilio. Nella lettera si legge:
Ci chiediamo quale sia la ragione di questa insistenza su di un fatto che i non-credenti non-praticanti hanno già risolto da un pezzo, limitandosi ad ignorarlo. Nessuno può essere obbligato a credere se non vuole, dal momento che l’atto di fede è uno di quelli che più impegnano la libertà personale. L’insistenza nella pubblicazione della striscia sullo sbattezzo e sull’impresa ciclopica che rappresenta l’uscire dalla chiesa fa emergere una immagine della chiesa ostile, possessiva, intrigante – cfr il riferimento alla guardia svizzera sulla porta di casa - al punto che ci si chiede, se la Chiesa è questa!, allora perché sollecitarla tanto a spendere il suo magistero per stigmatizzare fatti e comportamenti, che in nessun modo e in nessun caso possono essere condivisi. [il riferimento è alle note vicende personali del Presidente del Consiglio]
Nelle argomentazioni dei parlamentari ci sono elementi condivisibili, soprattutto per quel che riguarda il progetto del PD di essere un luogo di incontro tra la tradizione di radice socialista e quella di radice cattolico-democratica. La fase recente, e soprattutto le manovre pre-congressuali, appare per alcuni aspetti una sorta di "prova di divorzio" o comunque di rivendicazione di una prevalenza da parte degli eredi del PCI-PDS-DS. Sarebbe un tornare indietro senza futuro, a mio avviso.
Concordo con loro sul fatto che la "questione cattolica" in politica dovrebbe muoversi su altri piani piuttosto che sul piano dello "sbattezzo". Mi viene però anche da chiedere: se ci sono persone che sentono di dover fare questo gesto di allontanamento dal cattolicesimo - per quanto sia un fatto puramente burocratico e senza conseguenze effettive - alla fine non è una scelta, d'accordo o no, che attiene la libertà personale? In quanto tale è una scelta da rispettare e che, anzi, dovrebbe farci interrogare da cattolici sulla qualità della nostra testimonianza che allontana alcuni. Non si può dire sbrigativamente che sia solo colpa loro.
Mi viene, però, anche da pormi degli interrogativi nei confronti degli "sbattezzandi" e "sbattezzati". Dato che ci si può allontanare di fatto da qualcuno e da qualcosa, come quando finiscono un amore o un'amicizia, il fatto di volere un gesto in qualche modo "pubblico" e certificato attesta un senso di livore e di rancore nei confronti della Chiesa cattolica. Per quanto mi ponga criticamente nei confronti di certi aspetti della vita ecclesiale di oggi, la Chiesa è comunque la comunità a cui sento convintamente di appartenere. Se la critico, è perché non sempre mi sembra vicina al vangelo (al di là delle mie inadempienze personali che certamente ci sono).
Il fatto che qualcuno ce l'abbia così tanto con il cattolicesimo non mi scandalizza, ma mi intristisce. Mi domando: possibile che in questa realtà non trovino niente e nessuno di positivo? Tanti cattolici, gerarchie comprese, sono portatori della loro (anzi della nostra) dose di colpe, di responsabilità, di mancanze... Eppure, in queste forme di "ostilità" così netta non c'è forse una reciprocità nell'intolleranza, nello spirito di contrapposizione, nel pregiudizio?