Propongo un ultimo stralcio dell'intervento di Luciano Manicardi che ho presentato negli ultimi post. L'ho trovato un'ottima introduzione alla collocazione della Bibbia nell'esperienza di fede e nell'esperienza di Chiesa. Oggi vale forse la pena di ritornare a questi dati fondamentali che rischiano di essere trascurati e dimenticati.
Ci troviamo di fronte al compito più importante che ha la Chiesa e che coinvolge tutti: vescovi, presbiteri e laici. È un argomento all'attenzione del prossimo Sinodo dei vescovi che si terrà nell'ottobre del 2008. Nei Lineamenta del prossimo Sinodo su "La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa" si afferma che: "Si è fatta urgente la necessità di allargare, con metodi adatti, l'incontro con la Sacra Scrittura da parte di tutti i cristiani". Quindi si parla di incontro con la Scrittura da parte di tutti i cristiani, e anche della necessità che ci sia un metodo. Non basta dare la Bibbia in mano alla gente, bisogna che la gente sappia leggerla. Credo che uno dei compiti pastorali e spirituali decisivi, oggi, consista nel dare strumenti di lettura alla gente. Non significa moltiplicare i corsi di esegesi o iscrivere tutti al Biblico di Roma, ma impegnarsi a far sì che la Bibbia diventi sempre più il libro della fede delle persone semplici, il libro che trasmette la Parola come pane, come nutrimento di vita. Occorre quindi trasmettere un'arte della lettura della Scrittura. Qui si innesta il discorso della Lectio divina, di una lettura spirituale, orante, della Scrittura, che sa integrare l'approccio esegetico al testo con l'approccio esistenziale, vitale.
I pronunciamenti di Benedetto XVI, attuali ma anche precedenti, sulla Lectio divina, tendono a valorizzare questa ermeneutica spirituale della Scrittura. Ancora recentemente, nel discorso inaugurale di presentazione del congresso internazionale tenutosi a Roma nel 2005, sulla Scrittura nella vita della Chiesa, si è così espresso: "La prassi della Lectio divina, se efficacemente promossa, apporterà alla Chiesa, ne sono convinto, una nuova primavera spirituale. La pastorale biblica deve dunque insistere particolarmente sulla Lectio divina e incoraggiarla grazie a metodi nuovi, elaborati con cura e al passo con i nostri tempi, ecc.". Nel bel discorso ai giovani di Roma nel 2006 aveva elogiato anche i maestri della Lectio divina, citando esplicitamente il cardinal Martini.
Introdurre all'ermeneutica spirituale, all'interpretazione nello Spirito della Scrittura, è un compito davvero non piccolo, che non può essere delegato a dei centri spirituali, a un monastero, ecc, ma è il compito proprio della Chiesa, di una comunità cristiana, di una parrocchia...
Non mi dilungo su questo argomento che richiederebbe un intero corso sull'ermeneutica spirituale, però usando l'espressione Lectio divina, mi rifaccio a quella tradizione che cerca di mettere insieme l'attenzione al testo, cioè l'oggettività del testo, e la soggettività di colui che la legge. La Lectio divina, al di là dei suoi momenti di lectio, meditatio, oratio e contemplatio, è un movimento in cui io mi piego sul testo, lo leggo, lo ascolto, lo scruto, lo scavo, cioè dò a lui il primato, con la lettura e la meditazione, e poi, quando questo testo mi parla, lasciando emergere una Parola, ecco che io mi ci relaziono, lascio scendere questa Parola nella mia vita, nella vita della mia comunità cristiana, e comincio a lasciarmi illuminare e giudicare da questa Parola, per giungere infine a rispondervi, con la preghiera, con l'impegno, con la prassi.
Mi piace citare una frase del cardinal Martini, un bell'intervento, anche autobiografico, su "Lectio divina e pastorale": "Il Vaticano II nella Dei Verbum al capitolo VI ha insistito perché tutti i fedeli avessero accesso diretto alla Scrittura. Se ciò avviene, il contatto con la Parola porta una ricchezza di vita insospettata, e questa esperienza la possono fare tutti, la gente comune, i giovani. A me che leggo la Scrittura ormai da circa quarant'anni, essa appare ogni volta così nuova e ricca da destarmi stupore, e da creare quello choc dell'intelligenza e dell'emozione che suscita il senso dei valori umani e che mette a contatto con i valori stessi di Dio."
Parola ed Eucaristia
Con la Dei Verbum e anche con la Sacrosanctum Concilium si è aperta la via per riscoprire quella che nella tradizione cristiana è l'unica mensa della Parola e del Pane eucaristico. La liturgia della Parola non è una specie di preambolo più o meno facoltativo al clou che è l'Eucaristia, ma è parte essenziale dell'azione liturgica. Nella Sacrosanctum Concilium n. 56 si dice: "La liturgia della Parola e la liturgia eucaristica sono congiunte tra loro così strettamente da formare un solo atto di culto". Viene affermato che la Chiesa realizza la sua essenza nella liturgia in cui Scrittura e pane diventano Parola e Corpo del Signore. Cioè vi è unità intrinseca tra la Parola e il Pane eucaristico, tra la Parola e il Sacramento.
La Dei Verbum al n. 21 dice: "La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture 'come' ha fatto per (sicut et) il corpo stesso del Signore, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa, sia della Parola di Dio, che del Corpo di Cristo e di porgerlo ai fedeli."
Il testo finale, purtroppo, ha molto affievolito il parallelismo tra Scrittura e Corpo del Signore sostituendo il velut del textus denuo emendatus con sicut et per venire incontro a quei padri che temevano la troppo stretta assimilazione della mensa della Parola con quella dell'Eucaristia. Lo slittamento da velut a sicut et rispetto alla precedente stesura, sottolinea così il diverso modo con cui la Chiesa venera Scrittura e Corpo del Signore. Sono i compromessi e i limiti dei dibattiti conciliari che hanno comunque aperto una strada che oggi occorre avere il coraggio di continuare a percorrere per attuare lo Spirito del Concilio stesso. Del resto l'intima connessione tra Parola ed Eucaristia, radicata nella testimonianza scritturistica, è attestata dai Padri della Chiesa e ribadita nel Medio Evo, in cui era normale comprendere la Scrittura come "corpo del Signore": "Corpus Christi intellegitur etiam Scriptura Dei", cioè per corpo di Cristo si intende la Scrittura.
la Scrittura come corpo di Cristo
Ci sono diverse realtà che hanno a che fare con il corpo di Cristo: dal corpo fisico di Cristo, al corpo reale di Cristo, alla Chiesa corpo di Cristo (teologia paolina), all'Eucaristia, alla Scrittura. La Scrittura come corpo di Cristo gode dell'appoggio di una lunghissima tradizione in cui si è sempre vista la analogia con l'Incarnazione: come il Verbo, la Parola, il Logos, si è fatto carne nell'uomo Gesù di Nazareth (e così coloro che incontravano il rabbi Gesù di Nazareth dovevano saper vedere in quell'uomo il Figlio di Dio), analogamente il Logos si è fatto Scrittura, ha preso la forma delle sillabe umane, come dice Agostino, e si tratta di cogliere nel libro, umanissimo, la Parola di Dio contenuta in esso.
Il "velut" originario della Dei Verbum cambiato in un "sicut et" indebolisce molto la portata del testo, per il timore di diversi padri conciliari di assimilare troppo (nimis assimilare) la Parola al Sacramento. Peccato, perché così ci si separa dalla grande tradizione nel comprendere la Scrittura come Sacramento.
la Scrittura è un sacramento
L'ultimo elemento da sottolineare riguarda il percepire la forza sacramentale della Scrittura. Non si tratta di far l'ottavo sacramento, ma di percepire che la Scrittura non è soltanto qualcosa che ci dà un'istruzione, ma fa entrare nell'alleanza. Non trasmette solo delle parole su Dio, ma la Parola di Dio, certo interpretata nello spazio ecclesiale, e massimamente nella liturgia, ecc.
La dimensione sacramentale della Scrittura che il Concilio ha sottolineato va ripresa e approfondita, anche perché in alcuni testi successivi alla riforma liturgica si è assistito a un retrocedere, a distinguere di nuovo tra il Sacramento e la Parola, e così via. Enzo Bianchi così scrive in Lettura spirituale della Bibbia: "Permane ancora, purtroppo, nella ricezione post-conciliare... la concezione che il sacramento dona la grazia mentre la parola biblica dona la dottrina, che il sacramento è efficace mentre la parola può solo preparare il sacramento e insegnare. Ma se la Parola di Dio non è vissuta nell'economia sacramentale fino ad essere accolta come sacramento, come trasmissione di potenza e di grazia e non solo di comunicazione di verità, di precetto e di dottrina, resterà sempre parola su Dio e sarà soltanto un preludio alla celebrazione del sacramento".
Ma già il fatto stesso che non si dia sacramento (e non si dovrebbe dare sacramento) senza la proclamazione della Parola di Dio, fa ben sperare per una maggiore comprensione... Per lo stesso sacramento della riconciliazione, il nuovo rito prevede di iniziare sempre leggendo la Scrittura. È alla luce dei testi della Scrittura letti che io mi lascio giudicare! Altrimenti rischio di continuare a ripetere l'elenco imparato a memoria da bambino di tutto quello che non andava fatto, senza lasciarmi illuminare e verificare dalle priorità che il Vangelo mi pone: l'amore, la carità...
Occorre riprendere, approfondire, e fare, con coraggio, passi ulteriori nella linea del rapporto Parola ed Eucaristia, entrambe presenza di Cristo.
Non dimentichiamo quel testo straordinario della Sacrosanctum Concilium al numero 7, che dice: "Il Cristo è presente nella sua parola, giacché è Lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura". In questo testo si parla di una presenza reale nella Parola. Mi spiace dover aggiungere l'aggettivo "reale", perché la presenza o c'è o non c'è, e mi piace farvi sapere che vi sono diversi teologi protestanti che accolgono senza fatica la reale presenza del Cristo nella Parola "e" nell'Eucaristia. Questo riequilibrio, che è stato reso possibile dai testi conciliari, va davvero nutrito e accresciuto, perché è fecondo anche di sviluppi ecumenici.
Vorrei ancora sottolineare l'aspetto della Scrittura come sacramento. Si tratta alla fin fine di accedere ad una comprensione che è tradizionalissima nella Chiesa. Tutto il primo millennio non aveva difficoltà ad accogliere questa affermazione: la Scrittura è un Sacramento. Vi sono delle pagine di Gerolamo, di Agostino che dicono che, come ci si accosta alla comunione, alla manducazione del pane eucaristico, senza perdere una briciola, perché si ha coscienza che è il corpo di Cristo, (non è devozionalismo, è percezione che lì vi è il corpo reale di Cristo), così si dovrebbe ascoltare senza perdere una sillaba di quello che viene proclamato, perché è il corpo di Cristo, perché è il Cristo che ci parla. Nella Dei Verbum 21 si dice: "Nei libri sacri il Padre che è nei cieli viene con sovrabbondanza di amore incontro ai suoi figli ed entra in conversazione con loro. Nella Parola di Dio è poi insita tanta potenza ed efficacia da essere sorgente perenne della vita spirituale."
Occorre allora non abbandonare il testo della Dei Verbum, ma approfondirlo e andare oltre nella piena comprensione che le Scritture sono il corpo del Signore, o, per usare una terminologia tradizionale, le Scritture sono come un tabernacolo della presenza di Cristo.