Rubo il titolo a un articolo di Vittorio Cristelli pubblicato a gennaio su Vita trentina. Il sito dell'editrice Queriniana, nella sezione teologi@internet, ha pubblicato una presentazione del libro del vescovo Reinhardt Marx, tradotto da Rizzoli, il quale sostiene la necessità di rivalutare l'analisi dell'ingiustizia economica svolta da Karl Marx, pur continuando a respingerne le soluzioni, alla luce del messaggio sociale cristiano. La presentazione è di Maria Teresa Pontara.
55 anni, studi teologici a Münster (teologia morale con particolare attenzione alla dottrina sociale), dal 2001 al 2006 arcivescovo di Treviri e dal 2007 alla diocesi di München e Freising (che fu di Joseph Ratzinger dal ‘77 all’81), attualmente segretario e portavoce della Conferenza episcopale tedesca, delegato presso la Commissione Europea (COMECE) di cui è vicepresidente e guida della Commissione Affari Sociali, membro del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, mons. Marx non è nuovo a prese di posizione coraggiose per ribadire i principi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa in netta contrapposizione con l'attuale ordine economico mondiale. Oratore capace e apprezzato, sempre disponibile al confronto, lo si incontra sui media come in tavole rotonde, incontri, seminari della Mitteleuropa. Ovunque una grande capacità di ascolto coniugata al coraggio della denuncia nell’intento di tradurre il Vangelo (e la dottrina sociale della Chiesa) in un linguaggio adatto all’uomo di oggi.
Alla Camera di Commercio americana del Lussemburgo – in un intervento dal titolo “Ethics or profits?” – ha sostenuto con determinazione come il rispetto di principi etici non significhi affatto vanificare le leggi della moderna economia. Ma soprattutto l’inconsistenza di principi etici speciali in questo settore, ribadendo con vigore come l’uguaglianza e la dignità delle persone siano sempre le stesse in ogni campo dell’agire umano e auspicando che il riconoscimento di una responsabilità si traduca poi in azioni concrete «allo stesso tempo eticamente accettabili ed economicamente valide».
«Un capitalismo privo di un quadro etico è nemico del genere umano», dichiarava in un'intervista a Der Spiegel (44/2208) che, tradotta immediatamente, ha fatto riflettere non poco gli operatori della City o di Wall Street. Di fronte ad affermazioni del tipo «l’economia deve sottostare a principi etici e non essere totalmente in balia del mercato. Le regole del gioco devono avere una qualità etica. In questo senso la dottrina sociale della Chiesa costituisce una critica continua al capitalismo» e ancora «l’avidità e la speculazione selvaggia sono peccato» oppure «il profitto del capitale non è l’unico traguardo dell’economia» quanti non conoscono il Concilio o le encicliche sociali vanno letteralmente in tilt.
«L’analisi marxiana era giusta»
Ma nel libro si spinge oltre affermando che «un capitalismo privo di umanità, solidarietà e giustizia è da considerarsi immorale e senza futuro».
«Il testo costituisce una critica spietata alla completa liberalizzazione del mercato e alla flessibilità del lavoro – dice don Joseph Stricker, assistente del KVW della diocesi di Bolzano-Bressanone, l'organizzazione parallela alle ACLI – anzi, alla luce dell'attuale crisi finanziaria, è come dire che il modello di capitalismo attuale è giunto al capolinea. Una filosofia giunta al collasso. Proprio in questo momento è opportuna questa riscoperta della critica di Karl Marx che, almeno dagli anni Ottanta, sembrava ormai da gettare alle ortiche in nome della modernità. Oggi, grazie all'azione intelligente del vescovo Marx, si può dire che è in atto, in modo molto accorto e prudente, una sua autentica rivalutazione: non a caso cita il gesuita Oswald von Nell-Breuning scomparso nel 1991 “la dottrina sociale della Chiesa vide in Karl Marx un avversario, ma ne ha sempre avuto anche un grande rispetto”».
Nel suo ultimo libro in maniera inequivocabile il teologo morale sottolinea la vicinanza con la dottrina sociale della Chiesa chiamata ad ampliare i suoi orizzonti alla luce delle distorsioni attuali «il vecchio conflitto tra lavoro e capitale si è spostato sempre più a favore del capitale». Diverse invece le soluzioni prospettate: «a differenza con lo storico Marx, nessuna rivoluzione del proletariato, ma se oggi non possiamo prescindere da un sistema di mercato, occorre però dotarlo di una cornice sociale», commenta don Striker. Il modello anglosassone totalmente privo di ogni regolamentazione, ancora strenuamente difeso dall’ultimo Bush nel G20 di Washington, dilatato a dismisura dopo il crollo del muro di Berlino deve cambiare paradigma. È la “soziale Marktwirtschaft” (“l’economia di mercato sociale”) la proposta dell'attuale Marx: una sorta di mercato temperato.
Tanto per sfatare l'equazione – così diffusa anche nel nostro Paese – che realizzerebbe: critica al capitalismo uguale comunismo. Del resto è lo stesso autore a dichiararsi niente affatto marxista quando al «caro omonimo» scrive: «le conseguenze del tuo pensiero sono state alla fine disastrose». Ma ciò non significa affatto sminuire la fondamentale bontà della sua analisi sociale, anzi. In un articolo pubblicato nel 2008 sulla Sächsische Zeitung, scriveva di non essere mai stato indifferente alla persona di Karl Marx e alle straordinarie affinità tra le tesi della dottrina sociale della Chiesa e le sue al punto da invocare con forza una riforma dell'attuale mercato alla stessa stregua della critica marxiana del XIX secolo. «E questa non è da considerarsi un'utopia, bensì un'autentica necessità per il bene dell'umanità intera» convinto che «sono le persone e la terra intera il vero capitale e la Chiesa è chiamata a lottare con unghie e denti per difenderli».