Io sogno una Chiesa che mi sia madre e sorella nella vita: che non preconfezioni le risposte che io devo dare nei vari casi della vita. Ma che mi educhi, che mi faccia crescere, che si sforzi di darmi gli strumenti per poter io stesso dare una mia risposta. Ma che mi lasci la piena responsabilità-libertà-fatica nel ricercare e nel dare la mia risposta.
Troppo difficile???
P.s.: A volte penso che i miei pastori (o meglio, quelli "romani") non abbiamo fiducia in me e che temano che appena mi lasciano un po' di libertà io sicuramente farò un sacco di casini... non mi piacerebbe essere un genitore così!
Così Federico a commento del post precedente. Tanti credenti hanno la sensazione di essere trattati come dei minus habens che hanno bisogno di essere indirizzati dal magistero che fornisce loro indicazioni e risposte. E' la questione della coscienza. Sembra quasi che a volte venga vista come un pericolo, come se il richiamo ad essa conducesse a forme di individualismo, di relativismo.
Eppure, scrive ancora Martini nella lettera pastorale citata nel post Dio, come sei?
Nella persona umana decisivo è il "cuore", l'interiorità. E' il luogo delle decisioni libere, degli affetti profondi che cambiano la vita e dei grandi orientamenti che danno senso alla storia. Tutta la vicenda umana si gioca nell'intimo dell'uomo. La Parola di Dio che illumina e salva è destinata al cuore umano, lo tocca nell'intimo e lo trasforma. Di qui la fondamentale importanza del silenzio, dell'attenzione vigile, della riverenza e disponibilità interiore di fronte a Dio che si comunica: in una parola, l'importanza della "dimensione contemplativa" della vita.
A questo si possono aggiungere alcuni passaggi del Catechismo della Chiesa cattolica
Presente nell'intimo della persona, la coscienza morale le ingiunge, al momento opportuno di compiere il bene e di evitare il male (1777).
L'importante per ciascuno è di essere sufficientemente presente a se stesso al fine di sentire e seguire la voce della propria coscienza (1779).
La coscienza deve essere educata e il giudizio morale illuminato (1783).
L'educazione della coscienza è un compito di tutta la vita (1784).
E' naturale che la Chiesa si ponga come obiettivo l'educazione delle coscienze. Ma qual è il confine oltrepassato il quale l'educare diventa un vero e proprio sostituirsi alla coscienza che finisce così per l'essere soppiantata da una voce esterna? E può l'educazione delle coscienze avvenire solo attraverso dichiarazioni, o non richiede invece luoghi più raccolti e liberi di ascolto, di incontro e di confronto?
Sovente leggo i tuoi post ma non commento per mia mera insufficienza culturale rispetto agli argomenti di cui ti occupi. Circa l'argomento di questo post, la mia opinione è che contino le intenzioni d'amore che, sono convinto, albergano nel cuore dei genitori di Eluana. Ed allo stesso modo mi spiacque molto quando furono negati i funerali religiosi a Pier Giorgio Welby. Che una dottrina, una religione comportino delle regole, o dei dogmi come il cattolicesimo è ovvio ma essere solo prescrittivi ed in maniera tanto rigida non credo sia giusto. E non so quanto rispecchi il senso della carità cristiana e della comprensione delle sofferenze di tanti.
luigi
Scritto da: gobettiano | 16/07/08 a 16:05
Educare le coscienze non dovrebbe ridursi fornire un prontuario del "come si fa" in ogni determinata situazione eticamente/moralmente critica, e neppure ridursi a ricordarci di rivolgersi sempre e solo alla cosiddetta "autorità", all'esperto. Come proverbialmente si dice che non bisogna dare il pesce al povero, ma dargli la canna da pesca ed insegnargli a pescare, anche in questo caso noi singoli fedeli dovremmo impegnarci per essere autonomi, informati e liberi nel nostro giudizio. Perché la responsibilità delle nostre scelte, del nostro giudizio, non è nei confronti di autorità terrene, ma nei confronti di Qualcuno più in alto.
Scritto da: chrisarr | 16/07/08 a 17:52
L'incessante lavoro su se stessi alla luce del Vangelo è la via per una coscienza libera, retta ed autonoma.
E dobbiamo scrollarci di dosso una volta per tutte il "retaggio" culturale del passato.Il fatto che la Chiesa abbia "educato" le coscienze di generazioni di fedeli con la pedagogia della paura e del senso di colpa non si può negare, ma vedo al contempo meravigliosi segni di un cambiamento dei tempi. Penso a Carlo Maria Martini, alla Comunità di Bose e a tante altre voci, anche piccole e sconosciute, che nondimeno portano avanti instancabilmente un discorso di dialogo, di ascolto, di contraddittorio tra pari, dove alla base di tutto sta la contemplazione di un Dio che si spoglia volontariamente dei suoi attributi divini per assumere la condizione di servo. Se entriamo in questa logica kenotica possiamo liberarci di paure e sensi di colpa e lavorare su noi stessi per la costruzione di una fede e di un futuro carico di umanità
Scritto da: daniela | 16/07/08 a 18:23
Spesso le autorità vaticane parlano di coscienza "rettamente formata". Un tempo la agire secondo coscienza non era un valore; ora lo è ma deve appunto essere formata in un certo modo, altrimenti non vale. Ma se una coscienza pensa e dice tutto quello che le viene da fuori, che coscienza è?
Scritto da: Mauro | 16/07/08 a 18:55
Il problema della coscienza credo che ci 'tormenterà' a lungo, forse sempre, perchè pone la questione del limite, della libertà e del rapporto tra spazi personali e dimensione pubblica. Credo che le riflessioni da fare non manchino e interpellino tutti.
Scritto da: Annalisa | 17/07/08 a 08:42