È stata una grande emozione, la scorsa settimana, l’inaugurazione a Crema della terza edizione del festival di filosofia Crema del pensiero a cui hanno partecipato, tra gli altri, Giulio Girello, Francesco D’Agostino, Emanuele Severino, Massimo Donà, Gianni Vattimo, Sergio Givone.
Il festival discute ogni anno un comandamento del Decalogo e stavolta il tema era “Non uccidere”.
Quando si è aperto il sipario sul palco del teatro San Domenico, sul fondale era proiettato un primo piano di don Agostino Cantoni, morto il 9 aprile. Il comitato organizzatore ha deciso di dedicargli questa edizione del festival in quanto è stato un filosofo aperto al dialogo con tutte le culture, ma innanzi tutto uomo e sacerdote che ha saputo tradurre con grande coerenza nelle azioni quotidiane gli insegnamenti di Colui in cui credeva. L’ex sindaco di Crema Claudio Ceravolo gli ha dedicato un commosso ricordo e sono state poi proiettate alcune immagini della sua vita accompagnate da un sottofondo musicale.
È alquanto insolito che un festival di filosofia laico, per quanto incentrato su temi che implicano un dialogo con la fede cristiana, sia dedicato a un prete. Soprattutto di questi tempi. Questa scelta non è stata dettata da piaggeria nei confronti della Chiesa cattolica (anche perché don Agostino, come sa chi lo conosceva, era in primo luogo un prete “anti-sistema”, fuori dai giochi di curia e di potere), ma dal fatto che era una persona che sapeva parlare con tutti e da tutti essere benvoluto al di là dei confini di appartenenza e delle convinzioni personali. Non perché nascondesse la propria fede, ma perché la incarnava nel vissuto e poi perché non metteva mai le proprie idee davanti al rapporto cordiale e sincero con l’altro, chiunque fosse.
Heidegger definì la filosofia cristiana un “ferro ligneo” per indicare l’incompatibilità che lui vedeva tra il farsi guidare dalla fede e lo scegliere la strada del pensiero. Il domandare radicale della filosofia, per molti, è incompatibile con le certezze che derivano dalla fede.
Per don Agostino non era così. Lui insegnava anzi che il vero cristiano non ha mai paura di pensare e di ricercare, anche a costo di misurarsi con l’abisso del dubbio più provocante. Il punto è che la risposta di fede non nasce da una rinuncia al pensiero, ma da una accoglienza fiduciosa del Vangelo dentro la vita. Gli interrogativi rimangono aperti – e in questo il cristiano non può essere dogmatico e presumere di possedere tutte le certezze – perché il mistero di Dio e dell’esistere supera la portata della nostra ragione tanto quanto il mare è troppo grande per essere svuotato con un secchio. È la vita, è l’incontro con essa che spinge a non fermarsi al dubbio. Nei termini della teologia cristiana, è il principio dell’Incarnazione, del calarsi nella creazione.
Ciò non significa che la nostra ragione non valga niente, ma che il pensiero non è tutto. Non a caso don Agostino all’alba degli anni Settanta rinunciò alla carriera accademica per immergersi nell’umanità della parrocchia e scegliere il fronte della Chiesa dei poveri e della Chiesa povera.
Come ha scritto una grande figura del cattolicesimo novecentesco, David Maria Turoldo, che non a caso don Agostino aveva ben conosciuto:
ho paura che se non accetti la verità della creazione, rischi di cadere in un mistero ancora più fitto di questo, della verità rivelata. Il quale è, almeno, un mistero bianco, cioè una verità di luce che semplicemente trascende la capacità dell’intelletto umano; quello, al contrario, sarebbe un mistero nero, di tenebra: un non sapere assolutamente nulla, un assurdo. E cioè, evitando la rivelazione, non è che eviti l’inconveniente dell’ignoranza, anzi l’aumenti fino alla disperazione.
Diario dell’anima, San Paolo 2003, pp. 25-26
Questa non è una scappatoia per l’intelletto, perché richiede la conversione di tutto me stesso, di tutta la vita:
Prima di parlare, confutiamo gli avversari con l’esempio della nostra vita. Questa è una grande arma che dobbiamo saper maneggiare, questo è il sillogismo a cui non c’è niente da rispondere: l’argomento delle opere. Potremo far loro un’infinità di ragionamenti: se non offriamo insieme l’esempio di una vita migliore non approdiamo a nulla.
Giovanni Crisostomo
La fede non si propaganda, si vive. È quanto ha affermato anche il regista Ermanno Olmi, nel colloqui con cui si è aperto il festival cremasco. È quanto ha mostrato don Agostino avviando esperienze che chi, come me, gli ha voluto bene sta cercando di portare avanti anche adesso che non è più fisicamente in mezzo a noi (v. il sito Vacanze di condivisione).