Sono della scorsa settimana le dichiarazioni razziste, a cui è seguita una precipitosa quanto imbarazzante autocritica, del premio Nobel James Watson, uno dei due scopritori del DNA.
Sulle pagine di Avvenire è comparso, il 19 ottobre, un articolo di Gabriella Corradi che commenta l’episodio criticando il fatto che grandi scienziati abusino del proprio prestigio per dare risalto a opinioni personali che di scientifico e di oggettivo hanno poco o nulla.
La cosa succede ogni giorno anche a tanti altri scienziati, italiani e stranieri, che, una volta raggiunta la celebrità in qualche campo di ricerca, da quel momento sentenziano anche su quello di cui non sanno niente. Trovando sempre un potente coro di 'sapienti d’ufficio' pronti ad applaudirli e a sollecitare il battimano delle masse. Tanto più che la Scienza, forte dei suoi veloci progressi (cui risponde, con passo infinitamente più lento, la riflessione culturale) sta diventando un vero e proprio idolo. Ma - questo che va sottolineato – non basta esser scienziati, non basta esser famosi per aver sempre ragione. Lo stesso si può dire degli intellettuali in genere.
Ciò dipenderebbe, sostiene ancora la giornalista, dalla mancanza di quel «senso critico» che Papa Ratzinger considera uno degli obiettivi culturali fondamentali per l’educazione dei giovani. E conclude:
E qui ci sarebbe da aggiungere una qualche riflessione sulla necessità della democratizzazione della Scienza: come fornire alle masse il minimo bagaglio culturale per poterne seguire i principali sviluppi, come rendere pubblici bilanci e fonti di finanziamento, come rendere trasparenti le ragioni per le quali certe linee di ricerca vengono abbondantemente finanziate e perché certe altre vengono lasciate languire...
Il discorso è ineccepibile, perché la tecno-scienza rischia di diventare, senza una riflessione e un dibattito interpretativo adeguati, una sorta di ideologia o di religione che impone la visione del mondo degli scienziati attraverso i risultati delle loro ricerche che sono invece due cose diverse. Il punto, però, è che il bisogno di senso critico dovrebbe riguardare anche la stessa comunità cristiana che non è esente dal rischio dei «sapienti d’ufficio». Di questo, però, si parla molto meno. Dove senso critico non sta a significare una sorta di anarchia, ma la capacità di discernere la problematicità di determinate questioni. P.es., nel caso di Eluana Englaro, il magistero ha richiamato le Risposte a quesiti circa l’alimentazione e l’idratazione artificiali della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il fatto che un paziente in stato vegetativo sia sempre una persona con la sua dignità per un credente è indiscutibile, ma il fatto che nel caso di Eluana (o in altri casi simili) la somministrazione artificiale di acqua e cibo sia una cura ordinaria e proporzionata è un giudizio particolare che richiederebbe a mio avviso un sereno dibattito che al momento non c’è. Il che non equivale a voler negare i principi, ma di intenderli correttamente in riferimento alle situazioni concrete, ognuna delle quali è differente dalle altre. La Congregazione richiama i credenti a dei valori universali, ma come avviene il passaggio da questi ultimi al singolo caso che va conosciuto in tutti i suoi aspetti umani, oltre che medici? Tutti gli interventi che ho letto si collocavano al primo livello, ma a mio parere non raggiungevano il secondo. Chiedo poi se qualcuno può dire altrimenti.
Eutanasia, rapporti personali, aborto. Anche la Chiesa, a volte con la scusa del magistero, dice cose che non stanno né in cielo né in terra.
Sono cristiano ma non cattolico.Non mi sembra che la Chiesa di Roma abbia mai preso una posizione chiara sulla pena di morte.
Comunque i tuoi post sono stimolanti.
Ciao
Fino
Scritto da: Fino | 22/10/07 a 13:08
Hai toccato il punto centrale. In tutti i campi, il passaggio dalla individuazione della norma - che è per sua natura generale ed astratta - alla sua applicazione nella singola fattispecie - che invece è particolare e concreta - è il punto nodale.
Ma dal momento che tutti siamo chiamati a svolgere - nelle cose di tutti i giorni come nelle grandi scelte - questa operazione (così delicata e complessa) di discernimento, almeno a due cose dobbiamo prestare attenzione: quando decidiamo in prima persona, interiorizzare nella coscienza i nostri valori e verificare se la posizione è conforme ai valori interiorizzati.
Quando prendiamo posizione sulle scelte degli altri sospendiamo virtualmente il giudizio e proviamo a vedere le cose da altri punti di vista, che magari non condividiamo ma che comunque....meritano di essere accolti e meditati.Grazie per le tue riflessioni
Daniela
Scritto da: daniela | 22/10/07 a 13:12
Non entro nel merito, non sono preparato. Ma ti sembra male,caro Fino: sia questo Papa sia ancor di piu' il precedente si sono espressi piu' volte contro la pena di morte. Un Pontefice che nel Parlamento italiano invoca migliori condizioni e atti di clemenza verso i detenuti vuoi forse che sia stato zitto sulla pena capitale?
E poiche' cio' alla tua eletta mente sfugge, a quale titolo puoi dire che la Chiesa dica cose "che non stanno ne in cielo ne' in terra" su eutanasia e aborto? Non basta avere un PC e una connessione a Internet per autoleggersi critici e opinionisti, occorerebbe anche una preparazione che il 90% di noi chiaramente non ha.
Scritto da: Bud | 24/10/07 a 17:37