Un sondaggio di Famiglia Cristiana sulla cultura religiosa degli italiani rivela che il 69% degli intervistati non ha mai letto i Vangeli, tra i quali anche metà dei praticanti. Perfino il recente Gesù di Nazaret del Papa è stato letto solo dal 7% degli intervistati. In altre parole, l'ignoranza religiosa è particolarmente diffusa.
In che cosa consiste, allora, il cattolicesimo di popolo degli italiani che anche al Convegno di Verona dello scorso anno è stato nominato frequentemente e indicato come segno di una singolarità italiana nel panorama religioso europeo, a riprova dell'adeguatezza dellstrategia della CEI nel periodo ruiniano?
Mi pare che sia confermata la tesi proposta oltre 10 anni fa dal sociologo Franco Garelli nel libro Forza della religione e debolezza della fede. La religione cattolica, anche per il venir meno di altri soggetti collettivi e di idee forti, nonché per un vuoto di etica pubblica, ha accresciuto il proprio ruolo sociale. A esso, però, non corrisponde una consapevolezza della fede e dell'esperienza cristiana. Ci si identifica con il cattolicesimo e si riconosce una certa autorità alla sua gerarchia, ma non per questo si è necessariamente cattolici. E' il paradosso dei cristiani senza Vangelo per i quali, sull'incontro personale con Cristo (che pure Benedetto XVI indica come realtà profonda della fede cristiana nella Deus caritas est) prevale il rapporto con un'istituzione e con i suoi rappresentanti. Per cui, si è cattolici se ci si comporta (o se si afferma che ci si dovrebbe comportare) come dice la gerarchia.
Le minoranze aggressive dei gruppi ecclesiali più conservatori e intraprendenti occupano facilmente la scena culturale e mediatica, ma la realtà quotidiana sembra essere più quello di un grande scisma sommerso per cui, di fatto, si vive senza Dio. Un argomento ricorrente di tanti nuovi "paladini della fede" è quello di accusare il laicismo di voler eliminare la fede dalla vita pubblica per relegarla nel privato delle coscienze. E sicuramente ci sono persone che portano avanti posizioni di questo genere. Altrettanto grande, però, mi sembra un altro pericolo che è molto meno avvertito: quello opposto di relegare la religione nella sfera pubblica (chiamandola in causa nei dibattiti sulle grandi questioni etiche e di civiltà) cancellandola dalla sfera privata del vissuto spirituale e delle piccole scelte quotidiane che ciascuno di noi è chiamato a fare. E qui nulla può sostituire la preghiera e l'accostamento personale alla Parola di Dio.