Sulla linea del post precedente (Senso critico nella Chiesa), segnalo un articolo di Henri Tincq pubblicato su Le Monde. In vista della beatificazione, prevista per domenica prossima, di 498 martiri della guerra civile spagnola, egli riflette sull’atteggiamento della Chiesa nei confronti del franchismo. Riconosco che è una vicenda storica su cui non possiedo conoscenze particolare, ma il testo di Tincq fa riflettere.
L’autore riconosce la gravità degli eccidi compiuti dai repubblicani contro il cattolicesimo:
Secondo le centinaia di studi che si sono occupati del furore fratricida della Spagna nel 1936, almeno 6000 preti e religiosi (di cui 13 vescovi) sono stati massacrati in zona repubblicana. Ossia l’88% del clero nella sola diocesi di Barbastro (Aragona), il cui vescovo, Monsignor Asensio Barroso, è stato evirato prima di essere assassinato il 9 agosto 1936. Nove diocesi hanno perso più della metà del loro clero. La solo appartenenza al clero portava ad essere giustiziati con un’esecuzione sommaria. Coloro che hanno potuto sfuggirvi si trovavano in zona nazionalista, o avevano potuto fuggire, nascondersi o beneficiare di protezioni. A questo martirologio, bisogna aggiungere gli incendi di chiese e di conventi, le profanazioni d’altari e di sepolture…
Il fatto problematico è che, da parte della Chiesa cattolica spagnola, al di là del giudizio religioso, mancherebbe qualsiasi giudizio storico e morale, se non politico, sul franchismo e sulle sue responsabilità oggettive (ci sarebbero state 40.000 esecuzioni da parte nazionalista). I crimini di un fronte non cancellano quelli dell’altro, anche se uno era ostile alla Chiesa mentre l’altro non godeva del suo favore. Come non ricordare le richieste di perdono di Giovanni Paolo II per le responsabilità di alcuni credenti nell’affermazione di diversi regimi dittatoriali (cfr L. Accattoli, Quando il Papa chiede perdono, Mondadori, pp. 78-82) e, p.es., l’autocritica dei vescovi argentini nel 1996 per l’atteggiamento nei confronti del regime militare?
Non sarebbe un servigio anche alla memoria degli stessi martiri di Spagna evitare di accomunarli a credenti di ben altra pasta che si sono resi complici di violenze analoghe a quelle da loro subite? L’esercizio della memoria è un atto di giustizia, oltre che di esattezza storica. Altrimenti si rischia di confondere il cristianesimo con una parte, una bandiera, un’ideologia, una tribù… Altrimenti si rischia davvero di vivere in una comunità in cui il confronto dà fastidio, come ha scritto Maria Cristina Bartolomei in un suo intervento.
La chiesa spagnola durante la guerra civile era rezionaria, bigotta e codina. Nulla a che fare con la carità cristiana.
Siamo abituati a gesuiti che vengono fatti santi.Il loro merito era quello di aver mandato a morte gli eretici.
Ciao
Fino
Scritto da: Fino | 24/10/07 a 20:38
Da un punto di vista storico, è indubbio che durante la guerra civile spagnola ci furono persecuzioni ed eccidi da entrambe le parti (e anche fra repubblicani stalinisti e repubblicani anarchici).
Mi permetterei solo di suggerire una doverosa rettifica rispetto alla storiografia, come dire?, anticomunista: gli stalinisti massacrarono sicuramente; ma analoga violenza fu quella degli anarchici. Invece, pur di dare contro al comunismo, molti storici (anche quelli che possono genericamene essere definiti conservatori) fanno passare gli anarchici come candidi agnellini nonviolenti. Ma tali non furono. Si ricordi, ad esempio, la testimonianza di Pablo Neruda nella sua autobiografia "Confesso che ho vissuto". Durante la guerra civile in Spagna incontrò un anarchico che andava dicendo a tutti: "Ucciderò tutti quelli che non la pensano come me".
La responsabilità di molti cattolici in eccidi franchisti è ugualmente innegabile. Certo, vi furono cattolici che si schierarono col legittimo regime repubblicano; certo, in Europa vi furono intellettuali cattolici come Bernanos che difesero la repubblica spagnola e condannarono senza appello il golpe di Francisco Franco.
Ma una buona parte dei cattolici spagnoli e soprattutto il clero iberico si schierarono con Franco: chi militò nelle falangi del Caudillo e chi operò delazioni che fecero arrestare e fucilare decine di migliaia di repubblicani.
E questi cattolici non meritano alcuna riabilitazione, anche se molti sono rimasti vittime della guerra civile.
E non meritano nemmeno la canonizzazione, ovviamente.
Questo introduce il discorso sulla dubbia pratica delle canonizzazioni collettive, già avviata da Giovanni Paolo II.
In quanto individuale, lo stato di santità dovrebbe essere accertato individuo per individuo e non collettivamente, con una sorta di "27" politico.
Lo so, mi si obietterà che una morte violenta in nome della fede dà diritto alla beatificazione o alla santificazione senza alcun processo canonico. Ma l'imminente elevazione agli onori degli altari dei martiri spagnoli (quanti fra essi fecero arrestare e fucilare dei nemici?) e la passata canonizzazione wojtyliana di quell'arcivescovo croato che fu collaborazionista dei nazisti fanno nascere seri e fondati dubbi su queste procedure.
Non basta essere vttime del comunismo o dell'anarchismo per essere santi; bisogna anche non aver praticato o fomentato odio e violenza. E sotto questo aspetto molti cattolici non hanno certo la coscienza a posto.
Scritto da: Gian Contardo | 25/10/07 a 09:44