Si parla apertamente dell’imminente pubblicazione del motu proprio con cui Benedetto XVI liberalizzerebbe l’uso del messale di Pio V, dando cioè una più ampia facoltà di celebrare la Messa in latino secondo il rito in vigore prima della riforma liturgica del Concilio Vaticano II. Già i commenti si sprecano. Sarebbe meglio prima leggere il contenuto esatto del documento pontificio.
Comunque, la questione merita alcune puntualizzazioni.
In primo luogo, sul tema si dicono cose che trovo fuori luogo, perché non colgono il punto della questione. Filippo Di Giacomo parla di un ritorno alla tradizione cattolica incentrata sul sacrificio della Messa, cioè sull’agire di Dio, laddove la riforma liturgica ha messo al centro della celebrazione l’assemblea, la comunità con i suoi sentimenti, stati d’animo e la sua socialità. Appoggiandosi all’autobiografia di Ratzinger egli vede nel Papa colui che ha colto questa deriva e vi sta ponendo rimedio. Queste sono delle assurdità: nel decreto Sacrosantum concilium del Vaticano II che è stato all’origine della riforma non c’è traccia di quelli che lui chiama socio-psicologismi. Tantomeno nella Costituzione apostolica con cui Paolo VI ha promulgato il messale romano riformato o nei Principi e norme per l'uso del messale romano che è il documento con cui la Congregazione per il Culto Divino ha regolato l'uso del messale riformato. Altra lettura senza fondamento, di segno opposto, è quella di Filippo Gentiloni per cui la celebrazione nelle lingue locali è una forma di accettazione del pluralismo e della democrazia a cui Benedetto XVI vuole contrapporre un ritorno all’assolutismo dell’unica lingua.
Qui davvero ognuno scrive quello che gli passa per la testa senza verificare le proprie tesi applicando categorie esterne all’esperienza di fede. Innanzi tutto la preoccupazione di Ratzinger riguarda il modo di concepire la liturgia e non la riforma liturgica in sé, come se essa fosse una sorta di sbandamento della Chiesa al quale rimediare al più presto. In Principi e norme si legge:
1. La celebrazione della Messa, in quanto azione di Cristo e del popolo di Dio gerarchicamente ordinato, costituisce il centro di tutta la vita cristiana per la Chiesa universale, per quella locale, e per i singoli fedeli. Nella Messa infatti si ha il culmine sia dell’azione con cui Dio santifica il mondo in Cristo, sia del culto che gli uomini rendono al Padre, adorandolo per mezzo di Cristo Figlio di Dio.
La Messa come momento di incontro tra Dio e gli uomini, dunque. Niente a che fare con sociopsicologismi o scelte di democrazia.
2. È perciò di somma importanza che la celebrazione della Messa, o Cena del Signore, sia ordinata in modo che i ministri e i fedeli, partecipandovi ciascuno secondo il proprio ordine e grado, traggano abbondanza di quei frutti, per il conseguimento dei quali Cristo Signore ha istituito il sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue e lo ha affidato, come memoriale della sua passione e risurrezione, alla Chiesa, sua dilettissima sposa
3. Si potrà ottenere davvero questo risultato, se, tenuto conto della natura e delle altre caratteristiche di ogni assemblea, tutti la celebrazione verrà ordinata in modo tale da portare i fedeli a una partecipazione consapevole, attiva e piena, esterna od interna, ardente di fede, speranza e carità; partecipazione vivamente desiderata dalla Chiesa e richiesta dalla natura stessa della celebrazione, e alla quale il popolo cristiano ha diritto e dovere in forza del Battesimo
(...)
5. Poiché inoltre la celebrazione dell’Eucaristia, come tutta la liturgia, si compie per mezzo di segni sensibili, mediante i quali la fede si alimenta, s’irrobustisce e si esprime, si deve avere la massima cura nello scegliere e nel disporre quelle forme e quegli elementi che la Chiesa propone, e che, considerate le circostanze di persone e di luoghi, possono favorire più intensamente la partecipazione attiva e piena e rispondere più adeguatamente al bene dei fedeli.
La Messa è per l'uomo, affinché possa incontrare il suo Signore, e non è l'uomo per la Messa.
Quindi la lingua è un elemento che aiuta molto la partecipazione consapevole e attiva rispondendo al bene dei fedeli. Ma l’argomento è vasto e bisogna ritornarci. Tra l’altro, riferisce La Croix, mercoledì 27 giugno è avvenuto in Vaticano un incontro tra il cardinal Bertone e gli esponenti di vari episcopati nazionali a cui è stato anticipato il contenuto del provvedimento sulla liturgia. Sembra una significativa forma di consultazione e di partecipazione dei vescovi. Il tema è vasto e bisognerà ritornarvi.