A quanto pare, il primo Occidentale a mettere piede in Tibet è stato un italiano.
Ho appena avuto modo di acquistare, in quattro volumi editi da Mondadori, la ristampa del pregevole Dizionario delle religioni, frutto della collaborazione di istituzioni prestigiose: l’Institut Catholique di Parigi, il Centro di Storia delle Religioni dell’Università Cattolica di Lovanio, il Centro di Storia delle Religioni dell’Università di Liegi, il Dipartimento delle Scienze delle Religioni della Sorbona. Gli autori sono tutti studiosi di primo piano.
Il testo è una vera miniera in cui ci si imbatte in scoperte inattese. Tra queste una voce dedicata a Ippolito Desideri (1684-1733) che visse in Tibet dal 1715 al 1721 ed è stato anche l’iniziatore degli studi tibetani. Egli comprese il buddismo, specialmente mahayanico con una tale profondità e precisione che bisognerà arrivare ai primi decenni del Novecento per trovare negli studiosi le stesse conclusioni alle quali lui era arrivato due secoli prima.
Nacque a Pistoia da una famiglia nobile ed entrò nella Compagnia di Gesù dove ricevette l’incarico di recarsi in missione aldilà dell’Himalaya. Il suo stile era simile a quello di Matteo Ricci che, in Cina, adottò gli usi e i costumi del luogo per poter annunciare il Vangelo. Ciò che rende unico p. Desideri è il fatto che apprese la lingua tibetana senza vocabolari o grammatiche al fine di poter leggere i testi principali del lamaismo e compilare un catechismo cattolico in quell’idioma. A lui si deve una sintesi della dottrina buddista riscoperta nel 1875 e divenuta un’opera di riferimento per studiosi di tutto il mondo. Inoltre, redasse in lingua tibetana delle opere di critica filosofica al buddismo pur riconoscendo un punto di intesa comune con il pensiero occidentale nella giusta interpretazione del concetto di “vacuità”, nel senso che le cose non hanno in se la ragione (la verità) del proprio essere. Il cristianesimo indica questa verità in Dio.
L’approccio di p. Desideri fa di lui un antesignano e un autore di quell’inculturazione del cristianesimo che oggi la Chiesa persegue, cioè non europeizzare le culture dei popoli extraeuropei, ma rispettando tutto ciò che di vero e di bello vi è, perché di tutto il vero e di tutto il bello la fonte è sempre Dio. Su Internet si può trovare una scheda a lui dedicata sul sito italiano della Compagnia di Gesù e un documentario che ne parla.
se lo sapesse Bertinotti che è pronto per il suo viaggetto spirituale...
http://cattivamaestra.blog.lastampa.it
Scritto da: anecòico | 27/02/07 a 16:25
conosco un tale che è stato trent'anni in India, anche a capo dell'Istituto di Cultura Italiana di Nuova Dehli...persona schiva e al tempo stesso di una profondità e di un'umanità che fa rabbrividire...leggete il suo libro Carlo Buldrini "Lontano dal Tibet"....un must per la new generation indiana...e da noi...
Scritto da: daria | 27/02/07 a 20:28
Bertinotti il viaggio lo ha rimandato causa crisi di governo.
Scritto da: donMo | 28/02/07 a 09:36
Interessante! Appena posso (intanto che faccio un salto in Italia) mi compro questo libro...
Scritto da: Chiara | 28/02/07 a 14:30
il primo occidentale o europeo a raggiungere il tibet fu il gesuita portoghese antonio de andrade nel 1625.
Scritto da: quovadis_ezio | 28/02/07 a 15:36