Sempre acceso il dibattito sui Pacs e questioni connesse. Mi limito a una considerazione che mi sembra non sia stata fatta da nessun altro, perché si tende a rincorrere l'ultimo minuto senza fermarsi a riflettere.
Ho riletto la prolusione del card. Ruini al Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana del 22 gennaio scorso e mi ha colpito il seguente passaggio
La legislazione e la giurisprudenza attuali già assicurano la protezione di non pochi diritti delle persone dei conviventi, e pienamente dei diritti dei figli. Per ulteriori aspetti che potessero aver bisogno di una protezione giuridica esiste anzitutto la strada del diritto comune, assai ampia e adattabile alle diverse situazioni, e ad eventuali lacune o difficoltà si potrebbe porre rimedio attraverso modifiche del codice civile, rimanendo comunque nell’ambito dei diritti e dei doveri della persona. Non vi è quindi motivo di creare un modello legislativamente precostituito, che inevitabilmente configurerebbe qualcosa di simile a un matrimonio, dove ai diritti non corrisponderebbero uguali doveri: sarebbe questa la strada sicura per rendere più difficile la formazione di famiglie autentiche, con gravissimo danno delle persone, a cominciare dai figli, e della società italiana.
Ora, da cittadino di una democrazia liberale (indipendentemente dalla mia fede religiosa) non posso non accettare che la Chiesa cattolica (al pari di tutte le altre formazioni sociali) intervenga nel dibattito pubblico presentando la propria posizione. Da credente, non trovo strano che la Chiesa voglia tutelare la concezione della famiglia fondata sul matrimonio, così come ogni formazione sociale porta nel dibattito pubblico le proprie convinzioni. Sempre da credente, però, di fronte alle parole del card. Ruini mi pongo una domanda: è compito della gerarchia entrare nel merito tecnico delle soluzioni giuridiche da adottare?
Mi spiego: una volta affermata con chiarezza la posizione ufficiale della Chiesa (indipendentemente dalle controversie) è compito della CEI indicare anche quali sono le soluzioni giuridiche da adottare? Un conto è affermare i valori, un altro conto è la scelta concreta con cui si cerca di dare attuazione agli stessi valori. Credo che esistano giuristi cattolici che sono più competenti nell'indicare le opzioni giuridiche praticabili. Questo modo di procedere mi sembra in contrasto con tutte le affermazioni dell'autonomia del laico cristiano nel vivere la fede nel concreto che sono state unanimente condivise al Convegno ecclesiale di Verona. E' la questione della corresponsabilità del laico alla missione della Chiesa per cui il laico cristiano esce dall'essere un semplice collaboratore dell'apostolato gerarchico (come aveva affermato Franco Giulio Brambilla).
Lo stesso card. Ruini, a tale proposito, aveva affermato nel suo discorso conclusivo del Convegno (20 ottobre 2006):
La testimonianza missionaria dei laici, che in Italia ha alle spalle una storia lunga e grande, le cui forme moderne sono iniziate già ben prima del Vaticano II, e che poi ha ricevuto dal Concilio nuova fecondità e nuovo impulso, ha oggi davanti a sé degli spazi aperti che appaiono assai ampi, promettenti e al tempo stesso esigenti. Questa testimonianza è chiamata infatti ad esplicarsi sotto due profili, connessi ma distinti. Uno di essi è quello dell’animazione cristiana delle realtà sociali, che i laici devono compiere con autonoma iniziativa e responsabilità e al contempo nella fedeltà all’insegnamento della Chiesa, specialmente per quanto riguarda le fondamentali tematiche etiche ed antropologiche.
Dove sono, nella fattispecie, l'autonoma iniziativa e la responsabilità dei laici se la gerarchia, oltre che manifestare pubblicamente (come è suo diritto-dovere) il proprio insegnamento indica anche le soluzioni concrete da realizzare? Credo che su questo aspetto ci sia ancora bisogno di riflessione e di confronto nella Chiesa italiana.
Leggi la prolusione di Ruini.
Su Aggiornamenti Sociali di gennaio è stato pubblicato un articolo di Giorgio Campanini, storico e politologo che riassume la questione della corresponsabilità del laico nella Chiesa presentando le indicazioni del Convegno di Verona.