Su L’Unità di ieri una provocazione di Vincenzo Cerami che personalmente trovo salutare:
Il cristianesimo, in Italia, è al lumicino. È ormai palese. Oggi, qui da noi, con l’aria che tira, metterebbero San Francesco in galera. Non solo faceva la questua, era vicino agli ultimi, prendendosi addirittura cura dei lebbrosi. L’Italia ha dimenticato che Gesù è stato inchiodato alla croce proprio perché aveva scelto i poveri in spirito. Chi lo ricorda più il «discorso della montagna»!? Addio ai misericordiosi, ai puri di cuore, ai perseguitati a causa della giustizia: il Signore aveva promesso loro il regno dei cieli. «Cristianesimo», questa è la drammatica parola di oggi.
Il grande Santo di Assisi, l’alter Christus per tanti credenti nel corso dei secoli, tornerebbe ad essere malvisto anche da tanti cattolici tutti d’un pezzo. Troppo buonista, troppo molle con l’Islam, troppo pauperista, troppo evangelico… Sì, troppo cristiano, in fin dei conti. Almeno per coloro che hanno la fobia ossessiva dei cosiddetti “cattolici progressisti”, una etichetta di comodo (come ogni etichetta) con la quale bollare tutti coloro che non la pensano come loro per delegittimarli.
Parole come dialogo, tolleranza, incontro, condivisione, riforma, rinnovamento in certi luoghi ecclesiali e in certi palcoscenici mediatici sono state stravolte. Ne è stata fatta una caricatura per metterle alla berlina e svalutarle, in nome della purezza di una pretesa identità religiosa (stabilita arbitrariamente) la quale diviene il pretesto per conservare l’esistente e le sue ingiustizie, per erigere muri e rifugiarsi nel proprio immobilismo rassicurante.
Sappiamo ancora cosa vuol dire tolleranza, per esempio, e perché è vitale praticarla (e non una moda radical-chic)? Attenzione, rischiamo di scivolare lungo pendii pericolosi come segnalano anche i recenti fatti di Roma.
Commenti